Smart AgriFood? Interessa allItalia?
di Damiano Frosi e Filippo Renga – Direttori Osservatorio Smart Agrifood del Politecnico di Milano
Da diversi anni a questa parte assistiamo a richiami allarmistici sul fabbisogno alimentare crescente che dobbiamo fronteggiare. Uno dei tanti dati che ci colpisce è quello della FAO (the Food and Agricultural Organisation): entro il 2050 la produzione mondiale di cibo deve essere incrementata almeno del 70% per poter sfamare 9,6 miliardi di persone. Anzi, “in order to keep pace” – come dice il comunicato ufficiale – che rende ancor più l’idea. Ci sono inoltre diverse variabili che non giocano certo a favore di questa sfida, quali i cambiamenti climatici, la riduzione della quantità di acqua utilizzabile, la riduzione delle superfici coltivabili, la disponibilità ed il costo dell’energia.
Ebbene, tutte queste variabili risultano estremamente vere anche se guardiamo all’Italia. La pressione sociale nel nostro Paese è elevata, e conseguentemente quella ambientale, la competitività della nostra produzione agricola a livello internazionale è sempre più ridotta e le politiche di supporto e tutela dei prodotti alimentari “Made in Italy” non sempre hanno sortito gli effetti desiderati.
In questo contesto crediamo fortemente che, accanto ad una corretta politica di riduzione degli sprechi, su cui lavoriamo da anni, un ruolo chiave debba giocarlo la Smart Agriculture (o Smart Farming, se preferite), ossia l’utilizzo di applicazioni e tecnologie a supporto dell’agricoltura e dell’allevamento per migliorarne l’efficienza, l’efficacia e l’impatto sul mondo circostante. Alcuni esempi riguardano l’agricoltura di precisione (monitoraggio delle condizioni micro-climatiche, dei parametri della pianta e del suolo, dei parametri del prodotto, …), la gestione delle risorse utilizzate (acqua, fertilizzanti, fitofarmaci, …), il supporto alle tecniche agricole nei diversi processi chiave (semina, coltivazione, raccolta), il monitoraggio degli animali.
La Smart Agriculture permette di raggiungere elevati livelli di efficienza, agendo su manodopera, consumo delle risorse e pressione burocratica, ma molto spesso anche di ottenere una maggiore qualità del prodotto, aspetto fondamentale nella trasformazione dei prodotti agroalimentari Made in Italy.
E non siamo sempre indietro rispetto ad altri Paesi! Esistono contesti in cui le diverse applicazioni sono già affermate, si pensi ad esempio ai vigneti intelligenti o al monitoraggio della salute delle vacche da latte e dei loro prodotti destinati a produzioni DOP. Sono inoltre numerose le iniziative, grazie all’atteggiamento positivo e propositivo nei confronti della tecnologia da parte di migliaia di imprenditori agricoli italiani tenaci e “illuminati”.
A nostro avviso uno dei principali problemi è che gli investimenti in innovazione in questo campo sono troppo elevati per i singoli agricoltori, che in molti contesti lavorano già con margini ridotti all’osso (si pensi al lattiero-caseario). Si può certamente lavorare di più sulle politiche agricole e sul coinvolgimento intelligente di tutti gli attori della filiera. Questo si potrebbe tradurre in uno spettro più ampio di opportunità per tutto l’ecosistema agroalimentare e ambientale Italiano. La sfida è quella di passare quindi da iniziative a sé stanti alla progettazione di iniziative sistemiche, per arrivare ad un “Sistema Paese di Agricoltura Intelligente”. L’agroalimentare Made in Italy infatti mantiene ancora oggi un primato all’estero in termini di prestigiosità, ma c’è bisogno di un continuo investimento in innovazione per evitare che il fermento attuale possa svanire presto.
Ne siamo convinti e per questo motivo abbiamo pensato che abbia senso investire in un Osservatorio sullo Smart AgriFood all’interno della School of Management del Politecnico di Milano, in collaborazione con il Laboratorio RISE – Research & Innovation for Smart Enterprises dell’Università di Brescia.
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