Pagamenti alle imprese in 30 giorni: quali effetti sul Supply Chain Finance?
Pagamento a 30 giorni e implicazioni per il Supply Chain Finance
Ogni anno, nell’Unione Europea (UE), vengono emesse circa 18 miliardi di fatture, rappresentando una media di oltre 500 fatture emesse ogni secondo. In questo flusso massiccio di transazioni commerciali si verificano significativi ritardi nei pagamenti, con impatti notevoli, specialmente sulle Piccole e Medie Imprese (PMI). Basti pensare, come rileva la Commissione Europea, che un quarto dei fallimenti aziendali è attribuibile al mancato pagamento tempestivo delle fatture e, mediamente, il 50% delle transazioni commerciali vengono pagate in ritardo o rimane insoluto.
La disparità di potere contrattuale tra fornitori e clienti di dimensioni aziendali differenti crea un effetto domino lungo tutte le filiere produttive che indebolisce la competitività delle imprese e aumenta il rischio di bancarotta, generando ritardi nei pagamenti.
Questo annoso problema non è stato risolto dalla normativa vigente, la Direttiva sui Pagamenti in Ritardo del 2011, caratterizzata da carenze in termini di misure preventive e deterrenti, con meccanismi di applicazione e riparazione insufficienti e ambiguità giuridiche. La normativa attuale fissa un limite di 30 giorni per i pagamenti nelle transazioni commerciali, estendibile a 60 giorni o più “se non risulta gravemente ingiusto per il creditore”. L’assenza di un termine massimo effettivo e l’ambiguità nella definizione di “gravemente ingiusto” causano spesso prolungamenti nei tempi di pagamento oltre i 120 giorni, penalizzando in particolare i creditori di dimensioni più piccole.
La Commissione Europea ha dunque proposto di sostituire l’attuale Direttiva con un Regolamento. Contrariamente a una Direttiva, un Regolamento è direttamente esecutivo e impone le medesime disposizioni in tutta l’Unione Europea, senza richiedere il recepimento nel diritto nazionale attraverso una legge specifica. La nuova proposta mantiene il limite massimo di pagamento di 30 giorni, già previsto dalle Direttiva in vigore, eliminando però ambiguità e deroghe senza motivazioni particolari. Il debitore che tarderà nei pagamenti sarà tenuto al versamento automatico di interessi di mora, calcolati al tasso di riferimento stabilito dalla Banca Centrale Europea, incrementato dell’8%, oltre a una compensazione extra di 50 euro per le spese di recupero sostenute dal creditore.
Ma quando entreranno in vigore le nuove norme? Secondo la Commissione, una volta approvate dal Parlamento europeo e dal Consiglio, diventeranno applicabili dopo un anno dall’entrata in vigore del Regolamento, dando così agli attori interessati il tempo necessario per adottare le misure richieste.
Gli Stati membri dovranno istituire autorità di controllo e promuovere la risoluzione alternativa delle controversie. La proposta punta a introdurre equità nelle transazioni commerciali, aumentando la resilienza delle PMI, con benefici stimati, secondo la Commissione, per almeno il 30% di esse.
L’adozione di termini di pagamento rigorosi e uniformi dovrebbe consentire alle PMI di godere di un flusso di cassa più rapido grazie agli incassi anticipati. Tuttavia, è importante notare che, a loro volta, tali imprese saranno tenute a rispettare tempi di pagamento più stretti nei confronti dei propri fornitori. Se da un lato, quindi, le PMI potrebbero beneficiare di un flusso di cassa più rapido grazie agli incassi anticipati, esse potrebbero anche affrontare sfide nel rispettare i tempi di pagamento a causa delle loro note difficoltà di accesso alla liquidità.
Per quanto riguarda, invece, l’applicazione degli interessi di mora, sebbene siano già previsti dalla normativa attuale, la pratica comune è evitare il loro ricorso, in quanto i fornitori esitano a intraprendere azioni legali contro clienti con cui desiderano mantenere una relazione commerciale positiva.
L’efficacia di questa nuova normativa per le PMI dipenderà, dunque, dalla loro capacità di gestire con prontezza sia gli incassi che i pagamenti. Sarà fondamentale bilanciare la necessità di liquidità con l’obbligo di rispettare i termini contrattuali per garantire un impatto positivo su entrambi gli aspetti finanziari delle imprese coinvolte.
Quali potrebbero essere gli impatti dell’entrata in vigore delle nuove norme sul Supply Chain Finance (SCF)?
Il Supply Chain Finance nasce proprio come un insieme di soluzioni alternative ai tradizionali metodi finanziamento, con l’intento di ottimizzare il capitale circolante delle imprese e migliorare i tempi di incasso e pagamento.
Secondo il report della Commissione, il Supply Chain Finance risulta essere un valido approccio, specialmente quando le imprese sono coinvolte in transazioni di esportazione extra UE. Queste imprese, vincolate a pagamenti entro 30 giorni per fornitori nell’UE, si ritrovano inevitabilmente a fronteggiare differenze nei termini di pagamento tra i loro debiti e i crediti commerciali. In questa situazione, il Supply Chain Finance emerge dunque, come un prezioso alleato, in quanto “limita significativamente l’impatto” – cita la Commissione – dell’introduzione di un limite obbligatorio sui termini di pagamento.
Invece, il rischio che, nelle transazioni internazionali, le imprese situate in paesi extra-UE optino per termini di pagamento più lunghi nei confronti delle imprese dell’UE è valutato come limitato dalla Commissione. Quest’ultima sottolinea infatti che numerosi paesi partner dell’UE, tra cui Canada, Stati Uniti, Turchia e Regno Unito, già applicano normative sui pagamenti in ritardo. Tuttavia, è necessario sottolineare che, per le imprese operanti in paesi al di fuori dell’UE, dove le restrizioni non sono altrettanto stringenti, questa strategia potrebbe conferire loro un vantaggio competitivo. Ciò permetterebbe loro di adottare termini di pagamento più flessibili, mantenendo nel contempo l’utilizzo degli strumenti di Supply Chain Finance per ottimizzare il loro capitale circolante.
In questo scenario, è chiaro però che, aldilà delle applicazioni extra UE, con l’introduzione delle nuove norme, il ricorso alle soluzioni di Supply Chain Finance potrebbe venire ancora meno, a causa di una minore necessità di anticipare i flussi di cassa derivanti dalle fatture in sospeso, grazie alla maggiore liquidità derivante da pagamenti più tempestivi. Ciò nonostante, l’evoluzione del panorama finanziario e regolamentare potrebbe portare comunque all’innovazione di nuovi strumenti di Supply Chain Finance, per soddisfare le esigenze delle imprese in un contesto di pagamenti più rapidi. Sarà, dunque, essenziale ideare e sviluppare soluzioni di Supply Chain Finance che consentano agli acquirenti di estendere i tempi di pagamento, pur continuando a garantire pagamenti tempestivi ai fornitori entro i 30 giorni.
A cura di
Gabriele Pirami
Supply Chain FinanceRicercatore dell’Osservatorio Supply Chain Finance
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