La Data Strategy nel 2023: la voce delle aziende e le tendenze in atto

Lo scorso novembre, come ogni anno, il Convegno dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics si è posto l’ambizioso obiettivo di fare il punto sulla maturità del mercato italiano in ambito gestione e analisi dei dati.

Oltre alle evidenze quantitative, che ci permettono di fotografare la situazione attuale, ci portiamo a casa le percezioni delle aziende coinvolte durante tutto l’anno di ricerca, le tendenze che vedono sul mercato e le modalità con cui cercano di concretizzarle nella loro realtà.

In quest’articolo commenterò tre temi trattati durante l’evento, che ci danno un’idea delle tendenze in atto a livello italiano e non solo.

  • Trasformare l’accesso ai dati in accesso all’informazione

 

Le enormi quantità di dati in crescita più che esponenziale stanno paradossalmente generando effetti negativi per quelle organizzazioni che non sono attrezzate correttamente per gestirli. Dopo più di vent’anni dalla prima definizione di Big Data1, vi è una problematica di accesso all’informazione di valore.

Per evitare che i ruoli manageriali perdano man mano fiducia nelle potenzialità dell’approccio data-driven, è necessario mantenersi al passo con il mare magnum di dati disponibili.

Ciò può significare, prima di tutto, evitare la proliferazione di dark data -ossia dati che vengono raccolti e immagazzinati in modo più o meno consapevole da un’organizzazione, ma non vengono utilizzati per alcuna finalità – e ridurre la presenza dei cosiddetti ROT (Redundant, Obsolete and Trivial) data, contenuti ridondanti e/o obsoleti archiviati da un’azienda, spesso anche duplicati in più posizioni all’interno dello stesso sistema o su più sistemi.

Per raggiungere questi obiettivi, è necessario dotarsi di tecnologie che facilitino il governo dell’enorme quantità di dati, tramite tecniche di miglioramento delle performance, di automazione, di augmented data management (ossia l’utilizzo di tecniche di intelligenza artificiale per la pulizia, la modifica o l’arricchimento intelligente dei dati) e di monitoraggio della data pipeline.

 

Una citazione: “Abbiamo tutti una gran fame di dati, ma questo non vuol dire rischiare ogni volta l’indigestione, quanto piuttosto avere una dieta bilanciata, che ci consenta di consumare ciò di cui abbiamo veramente bisogno, di farlo rispettando l’ambiente, senza riempire preventivamente la nostra dispensa di cose che non riusciremmo comunque a consumare.” – Andrea Zinno, Data Evangelist e Sales Director, Denodo

  • Creare una cultura dei dati: non è più tempo di rimandare!

 

Con il termine Data Literacy ci riferiamo alla capacità di generare informazioni a partire dai dati e di supportare le proprie decisioni comunicando attraverso le evidenze empiriche emerse. La generazione di informazioni nel contesto di riferimento include la comprensione delle fonti dati, la conoscenza dei metodi di analisi e l’esperienza pratica delle principali tecnologie in uso.

Nell’attuale contesto competitivo, il successo di una realtà aziendale è sempre più collegato alla capacità dei suoi dipendenti di accedere e utilizzare i dati per prendere decisioni più efficienti, in maniera decentralizzata e in completa autonomia. Questa capacità è determinante per costruire un’organizzazione in cui connettere algoritmi e persone, citando il titolo scelto per il Convegno 2022 dell’Osservatorio.

Le tecnologie che supportano questa trasformazione possono essere: strumenti di self-BI, ossia che abilitano l’utilizzo semplice e autonomo per l’ampia platea aziendale della reportistica; il data catalog, che permette di creare condivisione, conoscenza e collaborazione sul patrimonio informativo; strumenti di augmented analytics che, tramite le funzionalità di artificial intelligence possono facilitare l’esperienza d’uso e accorciare la distanza tra “domande e risposte”.

Una citazione: “Il dato in azienda può diventare un dizionario comune per creare una cultura della condivisione.” – Fabio Bernardi, Direttore Centrale Sviluppo Organizzativo, Gruppo Amadori

Data Mesh o Data Mess? Un nuovo dilemma

Il data mesh è un approccio socio-tecnologico per condividere, accedere e gestire i dati analitici in ambienti complessi e su larga scala, all’interno o tra le organizzazioni.” – questa la definizione di Zhamak Dehghani (Director, Thoughtworks), che ha teorizzato per prima questo concetto.

Nel corso dell’anno di ricerca 2022 abbiamo affrontato questa tematica con la nostra community.

Diverse realtà, anche a livello italiano, mostrano interesse per questo nuovo paradigma, un paradigma che propone grandi cambiamenti, non soltanto da un punto di vista tecnico-architetturale.

Dopo anni in cui si è posto l’accento sulla necessità di centralizzare i dati, per poterli integrare più facilmente e realizzare analisi cross-dominio, ci si chiede se la necessità di responsabilizzare l’intera organizzazione all’utilizzo e governo dei dati non richieda di decentralizzare lo sviluppo e la manutenzione dei prodotti basati sui dati (es. dataset, dashboard, algoritmo di supporto alle decisioni).

D’altra parte, gli scettici del Data Mesh evidenziano il pericolo di un ritorno ai silos, la possibilità che si crei disomogeneità nelle tecnologie e duplicazione nei dati.

Una citazione: “In Eni abbiamo intrapreso un percorso che punta a promuovere il dato come un prodotto. Un asset di potenziale valore aziendale, che, come tale, deve essere governato e condiviso all’interno dell’azienda. L’approccio che stiamo seguendo è la piena decentralizzazione sia dell’ownership del dato (consegnandola a chi il dato lo conosce) che dell’architettura che permette di gestirlo e condividerlo.” – Arturo Gatto, Referente Data Architecture, Eni.

1Laney, D. (2001) 3D Data Management: Controlling Data Volume, Velocity and Variety. META Group Research Note, 6.

A cura di

Irene Di Deo

Irene Di Deo

Direttrice

Ricercatrice Senior dell'Osservatorio Big Data & Business Analytics, dell'Osservatorio Artificial Intelligence e dell'Osservatorio Intelligent Business Process Automation

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