I passaggi critici verso la trasformazione digitale delle PMI italiane

Contenuto Gratuito Insight Innovazione Digitale nelle PMI PMI Tecnologie Agosto 2022

A cura di:
Claudio Rorato, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI

Quali possono essere le sfide tecnologiche che le PMI dovrebbero cogliere per avviare o proseguire un percorso di ammodernamento e di cambiamento? Al netto delle peculiarità di cui abbiamo già parlato, esistono però cinque pilastri, senza i quali difficilmente si può costruire una nuova visione digital oriented. Vediamoli uno per uno:

•    Cloud: cosa sarebbe stato della business continuity senza il cloud? Gli uffici dispersi nelle abitazioni dei dipendenti, gli archivi analogici a fronte di una digitalizzazione in ritardo, non avrebbero permesso di seguire i clienti e continuare parte delle attività di assistenza alla clientela. Il cloud diventa una scelta sempre più necessaria per la condivisione veloce e sicura delle informazioni, all’interno della propria azienda e all’esterno con clienti e fornitori. I benefici, però, non terminano qui. Il cloud alleggerisce di costi fissi le aziende e, soprattutto, di attività onerose che necessitano di un presidio costante (aggiornamenti, backup, disaster recovery, sicurezza) e di personale esperto. Strettamente collegato al cloud il tema della connettività, strategica per garantire livelli di latenza (NdR: intervallo di tempo tra il dato in input e il dato in output) necessari sia nel cloud sia nell’industria 4.0, in cui il dialogo machine-to-machine è fondamentale;

•    Cyber/data security: temi estremamente importanti verso i quali c’è stata una maggiore sensibilizzazione proprio durante la pandemia con la polverizzazione degli uffici aziendali nelle case dei dipendenti. È così cresciuta la consapevolezza sul tema anche se si può fare di più, traghettando la sicurezza oltre gli schemi tradizionali – compliance normativa e protezione dalle intrusioni – verso una visione più matura e olistica, che riconosce alla sicurezza un valore gestionale più completo. Investire nella sicurezza delle infrastrutture tecnologiche, dei processi lavorativi e delle informazioni significa non solo pensare a sé ma anche a coloro con i quali ci relazioniamo: clienti, fornitori, stakeholder in genere. Ciascuno di questi attori ripone fiducia nella nostra capacità di gestire in modo appropriato le delicate informazioni che ci affidano. Ecco che la sicurezza diventa una leva per aumentare la nostra reputazione e affidabilità e un investimento in grado di produrre effetti anche nell’ecosistema di appartenenza (filiera, supply chain, distretto, settore). Ciò sottolinea la necessità di usare approcci e linguaggi che consentano di aprire la mente dei clienti: la parte tecnica è importante ma lo è ancora di più la capacità di far percepire gli impatti sul conto economico, sull’utilità complessiva che ne deriva. Agli operatori tecnologici si può, quindi, chiedere uno sforzo in questa direzione, che aiuti a elaborare una nuova visione intorno agli investimenti nella sicurezza;

•    Dematerializzazione documentale: nonostante i balzi in avanti fatti con la fattura elettronica e la firma digitale, si è dimostrata ancora un’area di interesse e di arretratezza, proprio durante l’emergenza sanitaria, quando gli uffici operativi si sono distribuiti dalle sedi delle aziende alle residenze dei dipendenti. Un archivio digitalizzato, consultabile a distanza e senza vincoli temporali, consente continuità di servizio e relazione con i diversi stakeholder ma anche l’attuazione di nuove modalità lavorative (smart working);

•    Data analytics: il loro impiego è apparentemente incoraggiante, tuttavia le analisi sono prevalentemente di tipo descrittivo e non integrate con fonti esterne. Poco più del 10% delle PMI è impegnata in progetti di big data, che potrebbero supportare efficacemente processi decisionali e di pianificazione più complessi. Non possiamo stupirci se dalle statistiche emerge l’impiego limitato di strumenti come la business intelligence o l’artificial intelligence: la mancanza di una cultura del dato e della misurazione sono il vero problema da risolvere;

•    eCommerce: le restrizioni agli spostamenti e alle attività commerciali hanno spinto le PMI, in ritardo rispetto alle grandi imprese, verso il commercio elettronico. Rispetto al periodo pre-Covid, è aumentato del 50% il numero delle PMI che lo utilizzano, portando con sé anche un incremento nell’impiego di altri strumenti lungo il ciclo di vendita (configurazioni/prenotazioni tramite il sito web, software di sales force automation). L’eCommerce diventa lo strumento che può rendere più ampi i mercati anche per le realtà meno strutturate ma che dispongono di prodotti validi nel contesto competitivo.

In conclusione, è opportuno ricordare che denaro e tecnologia, se non accompagnati da una cultura digitale adeguata, rischiano di disperdere energie lungo il tragitto. Troppo spesso la formazione coinvolge solamente il personale operativo e non chi, per ruolo, si dedica alle attività di indirizzo. Formarsi sul digitale non necessariamente significa adeguare le proprie capacità di utilizzo ma, prima di tutto, quelle di comprensione degli impatti dell’investimento sull’efficienza interna, sulla capacità di relazione e sulla possibilità di sviluppare nuove soluzioni di prodotto e di servizio.

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