L’ecosistema a sostegno delle PMI
A cura di:
Claudio Rorato – Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI
Il mondo delle PMI è talmente variegato – coesistono imprese attive sui mercati locali con aziende che competono su complessi mercati internazionali – che occorre affrontarlo con cautela, senza eccessive generalizzazioni. Addirittura, gli stessi parametri che qualificano le PMI – fatturato fino a 50 milioni di euro e numero di occupati tra 10 e 249 – risultano restrittivi a tal punto, da escludere aziende che sono delle PMI nella sostanza e non nella forma. L’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI ha così individuato il segmento delle PMI Large, che rispettano solamente uno dei due parametri (NdA: è stato posto comunque un limite massimo al fatturato di 200 milioni di euro). Queste imprese, oltre a completare lo spettro delle PMI, portano con sé alcuni comportamenti, che potrebbero rappresentare un obiettivo di sviluppo per le aziende meno strutturate. Dal confronto dei due macro-segmenti emerge che le PMI Large dispongono di un livello superiore di cultura digitale, hanno una maggiore propensione all’utilizzo di strumenti digitali che, spesso, sono tra loro integrati e favoriscono la circolazione documentale e della conoscenza. Proprio queste caratteristiche rendono le Large più sensibili ai temi della sostenibilità.
Parlare di PMI in senso lato significa riconoscere non solo la loro importanza economica ma anche quella sociale: da loro provengono oltre il 30% del fatturato delle imprese private nazionali e più del 30% degli occupati. Non basta, quindi, pensare a politiche di sostegno, mirate al rilancio delle PMI attraverso finanziamenti a pioggia, ma occorre sensibilizzare gli ecosistemi di appartenenza, affinché elaborino iniziative per elevare il grado di cultura digitale delle imprese, che si traduce nella capacità di cogliere gli impatti della digitalizzazione sui processi lavorativi, sulle relazioni e sulla competitività in genere. Le associazioni di categoria, gli istituti bancari, le software house e tutti i soggetti che gravitano attorno alle PMI devono supportare le imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni nello sviluppo delle progettualità digital oriented, affiancando l’imprenditore, spesso più esperto sul prodotto che sui temi gestionali, a cogliere le opportunità del digitale. Sovente, sono i timori di dover bloccare l’operatività quotidiana a rallentare l’avviamento di progetti di sviluppo. Ecco che l’imprenditore ha bisogno di figure che lo supportino, che gli consentano di superare la sua ‘solitudine’ decisionale, che lo rassicurino, facendogli ‘toccare’ i benefici delle soluzioni proposte. È su queste leve che bisogna lavorare, perché è l’imprenditore che gestisce i cordoni della borsa e l’indirizzo strategico della sua azienda.
Alle associazioni di categoria si può chiedere di organizzare più momenti collegiali, riunendo gli imprenditori per contribuire a elevare la cultura del confronto, per divulgare casi virtuosi di aziende che hanno raggiunto certi obiettivi attraverso la gestione del cambiamento. Niente di più efficace di una persona che porta la sua esperienza, narrata a coloro che vivono gli stessi problemi quotidiani e che parlano lo stesso linguaggio.
Il mondo delle tecnologie e dei servizi alle imprese può, invece, accrescere il proprio ruolo di divulgatori culturali, non solamente negli eventi pubblici ma anche presso le aziende clienti. La formazione – non l’addestramento all’uso delle soluzioni installate – diventa un’ulteriore area di servizio per il personale dei clienti, da sensibilizzare sulla comprensione degli impatti di una tecnologia sui processi di lavoro e di relazione.
Gli istituti finanziari, nelle loro diverse articolazioni, e i professionisti hanno l’opportunità di mettersi al servizio delle imprese per sensibilizzarle e aggiornarle sui contenuti dei bandi di finanziamento, supportando imprenditori e manager nelle attività necessarie per accedere ai fondi, sgravando le imprese di onerose attività, che drenano tempo, sottraendolo alla gestione del quotidiano.
Sul tema dei finanziamenti è utile effettuare alcune considerazioni. Nel recente passato i fondi provenienti dall’Europa – FESR, FES, … – spesso hanno registrato bassi livelli di utilizzo (anche inferiori al 50%), a causa di una serie di ragioni, tra cui la disinformazione, la difficoltà ad accedervi, la mancanza di idee e l’incapacità di elaborare visioni innovative.
Il problema, allora, non sono i denari ma la capacità di disegnare un percorso evolutivo, che passi anche attraverso i fondi a disposizione. I problemi delle singole filiere o delle singole supply chain possono essere diversi. Per accelerare il processo di contaminazione e di adozione digitale occorre conoscere più a fondo le problematiche delle filiere, delle supply chain, dei distretti, dei singoli settori per elaborare specifiche politiche di sostegno, che considerino le peculiarità di ciascun segmento produttivo. L’emulazione sarà più veloce e su larga scala, rendendo anche più efficienti i finanziamenti, perché porteranno i loro benefici su aggregazioni di imprese e non solamente su singole realtà.
Questo processo, però, sarà ottimizzato solo migliorando le relazioni tra tutti gli attori dell’ecosistema delle PMI, che devono essere capaci di agire di comune intento, dando vita a collaborazioni sinergiche che siano in grado di promuovere il benessere economico dell’intero sistema Paese.
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