Trasporto su strada e rischi sistemici: quali direzioni di lavoro?

A cura di:
Damiano Frosi – Direttore dell’Osservatorio Contract Logistics “Gino Marchet”

La crisi del trasporto
La crisi del trasporto è sotto gli occhi di tutti, ma non è un problema solo dei trasportatori. È un tema che interessa l’intera filiera e che ha ripercussioni sui sistemi produttivi e sull’intero sistema Paese.

Durante la prima ondata Covid-19 abbiamo assistito al riconoscimento del valore della Logistica da parte di tutti gli attori della filiera, che ha portato ad una forte collaborazione per far fronte all’emergenza. Durante le successive ondate pandemiche, abbiamo riscontrato un’amplificazione delle criticità relative al trasporto, che erano già presenti prima dell’emergenza. Come si è materializzata questa amplificazione? Sono cambiati gli equilibri su cui si basa il mondo dei trasporti, con una difficoltà di organizzare i flussi che non ha riguardato solo il trasporto su strada, ma anche le altre modalità, con squilibri importanti tra flussi di andata e ritorno, minando pesantemente efficienza ed efficacia del sistema. La conseguenza è l’aumento del costo del trasporto, come abbiamo riscontrato attraverso il “Barometro” dell’Osservatorio Contract Logistics “Gino Marchet”.

Mentre nel 2020 la perdita di equilibri ed efficienza è stata in parte compensata dalla riduzione del costo del carburante, dal 2021 abbiamo assistito ad un incessante aumento del costo di tutti i principali fattori produttivi della Logistica. Inoltre, fortunatamente, il sistema produttivo ha ripreso a crescere dopo la crisi del 2020, portando ad una risalita della domanda di trasporto, registrata dal Barometro, ma anche dai dati relativi alla circolazione di mezzi pesanti sulla rete autostradale (i dati di fine 2021 risultano più alti di quelli pre-crisi). Da un lato, quindi, cresce la domanda, dall’altro sta calando il numero di autotrasportatori (in Italia siamo passati dai 104.000 circa censiti nel 2009 – quando abbiamo avviato l’Osservatorio – ai 79.000 del 2019, ultimo dato a disposizione), riducendo quindi ulteriormente l’offerta e la capacità operativa del trasporto. Combinando ripresa della domanda e mancanza di offerta, il risultato è uno shortage di capacità operativa, che non riguarda solo l’Italia, ma tutti i principali Paesi del mondo. Shortage che è anche legato all’evoluzione green del mondo della Logistica: le aziende committenti chiedono un’offerta sempre più sostenibile dal punto di vista ambientale, ma in questo momento storico il cambiamento di tecnologia porta a un costo per viaggio superiore al diesel, tanto da rendere conveniente “tenere fermi” i mezzi in alcuni casi, andando ancora di più ad amplificare il problema della capacità operativa.

Le ripercussioni di questa situazione riguardano i costi, ma anche il livello di servizio: se è vero che aumentano i salari degli autisti (che continuano a mancare) e i pricing per alcune tratte e in particolari periodi del mese, è altrettanto vero che la mancanza di capacità porta a pesanti disservizi in termini di lead time e puntualità di consegna, di rispetto degli orari di presa delle merci, ecc.

Come affrontare la crisi?
Il primo passaggio necessario riguarda la Logistica nel suo complesso, che deve utilizzare e mettere a terra il credito riconosciuto durante la prima ondata di pandemia, credito riconosciuto da tutti gli attori della filiera, dai cittadini e dal sistema Paese. Secondariamente le aziende devono utilizzare il metodo di lavoro che ha finalmente preso piede durante l’emergenza: dialogo, condivisione di informazioni utili e collaborazione. Infine, bisogna mettere in campo una molteplicità di soluzioni a diversi livelli, perché i vettori da soli non possono risolvere il problema: bisogna lavorare sui “mattoni elementari”, gli asset fisici, che sono mezzi di trasporto e autisti. Serve aumentare il numero di trasportatori, lavorando su una migliore attrattività di questo settore e della professione dell’autista. Bisogna poi rivedere i processi logistici, che vedono coinvolti mittenti, destinatari e fornitori di servizi logistici. Bisogna insistere sull’innovazione tecnologica e digitale, che è un vero e proprio fattore abilitante il cambiamento e rappresenta in alcuni casi anche l’occasione per superare certe consuetudini inefficienti ormai anacronistiche, che funzionavano con logiche di capacità di trasporto infinita.  È evidente che in parallelo serva aggiornare il contesto normativo e rafforzare incentivi utili a guidare il cambiamento.

Quali esempi concreti? Quando parliamo di attrattività bisogna incrementare i salari, ma anche puntare sulla formazione professionale e sul favorire l’accesso a questa professione per nuove persone (ben vengano incentivi in tal senso). A livello normativo si può inoltre ragionare sul contenuto dell’attività del trasportatore, che potrebbe essere esonerato da attività di carico-scarico, avere orari di lavoro più regolari, grazie anche ad una maggiore sincronizzazione e riduzione dei tempi di attesa, che portano anche a una maggiore produttività dei mezzi di trasporto stessi. Riguardo ai processi e alla collaborazione, alcune aziende stanno pensando di allungare i lead time di consegna per favorire maggiori opportunità di ottimizzazione dei trasporti, oltre che alla digitalizzazione per “liberare” le informazioni dalla carta e avere elementi real time per migliorare la pianificazione e il controllo. In questo senso si riscontrano progetti di booking dinamico, l’introduzione di sistemi di controllo e di gestione dei mezzi in arrivo a un magazzino o a uno stabilimento, la gestione strutturata dei piazzali, ecc.

La sfida è cruciale, sia per la Logistica sia per il sistema Paese (e oseremmo dire anche per l’intera economia mondiale).

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