Ecco come Baker Hughes riduce le emissioni attraverso un approccio olistico alla sostenibilità

AZIENDA

Baker Hughes è un’azienda di tecnologia al servizio dell’energia e dell’industria che
progetta, produce e fornisce soluzioni tecnologiche all’avanguardia per clienti in tutto
il mondo, sviluppando l’energia, rendendola più sicura, più pulita e più efficiente per le
persone e per il pianeta, rendendo possibile la transizione energetica.
Baker Hughes ha un ruolo chiave nella transizione energetica in Italia e nel mondo,
impegnandosi nell’obiettivo della neutralità carbonica entro il 2050 operando in modo
sostenibile.
Il gruppo opera in oltre 120 Paesi con circa 55.000 dipendenti in tutto il mondo. Il fatturato
di Baker Hughes
del 2022 è di $21.2B (USD), con +3% sul 2021 di dollari e il gruppo è quotato in borsa.
È presente in Italia da oltre 180 anni e opera in Italia principalmente attraverso Nuovo
Pignone, con circa 5.500 dipendenti su 7 siti dalla Lombardia alla Calabria. Negli ultimi
cinque anni (2018-2022), Baker Hughes ha investito nel nostro Paese oltre un miliardo di
euro tra attività di Ricerca & Sviluppo e investimenti nei propri stabilimenti italiani.

L’ESIGENZA

L’azienda punta a ridurre il proprio impatto sull’ambiente, mettendo in atto tecnologie
a basse emissioni di CO2 e lavorando per aiutare i propri clienti a raggiungere i propri
obiettivi ambientali, è attiva inoltre nei settori dell’idrogeno, del CCUS (carbon capture,
utilisation and storage) e dello stoccaggio di energia.

LA SOLUZIONE IMPLEMENTATA E I BENEFICI

“La sostenibilità è al centro delle operazioni di Baker Hughes e si articola in tre pilastri: People,
Planet e Principles, declinando in azienda l’approccio alle tre dimensioni dell’ESG, ossia
Enviroment, Social e Governance”, racconta Martina Conti – Environmental Sustainability
Leader, IET di Baker Hughes.
Nell’area People ci si concentra sull’attrazione dei talenti: “il nostro obiettivo è quello di
attrarre e mantenere talenti nel settore tecnologico, e nel contempo di stringere rapporti
più forti con le comunità all’interno delle quali operiamo e tramite i nostri clienti”.
L’area dei Principles è relativa a temi più tipici della compliance, dell’integrità e della
sicurezza sul lavoro, mentre quella Planet, ambientale, raccoglie le soluzioni tecnologiche
che riducono l’impatto sull’ambiente non solo di Baker Hughes, ma anche dei suoi clienti.
Qui figurano diversi sotto-obiettivi strategici, dalla riduzione dell’emissione di gas ad
effetto serra alla riduzione della produzione di rifiuti e di consumi di acqua; abbiamo
introdotto la tematica della biodiversità e soprattutto ci siamo dati un obiettivo numerico
sul Life Cycle Assessment”.
Rispetto al piano definito nel 2019 in merito ai tre Scope del Greenhouse Gas Protocol
(standard mondiale introdotto nel 1997 che permette di monitorare le emissioni di gas
serra), l’azienda ha già ridotto le emissioni di Scopo 1 e 2 del 28%, e punta alla neutralità
climatica nel 2050. Le emissioni di scopo 1 si riferiscono alle generate direttamente dalle
nostre operazioni, ad es. impianti, veicoli, attività sul campo. Quelle a scopo 2, invece,
sono generate indirettamente dal consumo di energia, ad es. elettricità acquistata,
vapore, riscaldamento e raffreddamento. “Il GhG Protocol, in particolare, ci fornisce gli
strumenti e le metodologie necessari per misurare le emissioni. Abbiamo così evidenziato
che quello più impattante per noi è lo Scope 3, relativo alle altre emissioni indirette lungo
tutta la catena di approvvigionamento: da quelle derivanti dall’utilizzo dell’energia usata
per la realizzazione di prodotti e materie acquistate all’esterno fino a quelle generate in
fase d’uso dai nostri clienti. Per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni è
stato adottato un approccio olistico ed è stato lanciato un programma di coinvolgimento
di tutte le funzioni dell’azienda, ALL IN Carbon Out, che consente a ogni dipendente di
compartecipare all’identificazione e sviluppo dei progetti all’interno del programma.
Uno dei progetti portati avanti ha l’obiettivo di migliorare le prestazioni e l’efficienza
delle turbine a gas”, racconta Angela Serra, PhD – Senior Technical Advisor, Emissions,
dell’azienda. È stata quindi svolta un’analisi di Life Cycle Assessment (che comprende la
vita della turbina dall’estrazione delle materie prime, alla costruzione, fino al suo totale
disuso) per capire su quali componenti agire per ridurre l’impatto ambientale delle turbine.
“Ci siamo focalizzati in particolare sui componenti che sono investiti dai gas più caldi,
come le pale e gli ugelli della turbina, che vengono sostituiti quattro o anche cinque volte
durante la vita della macchina. Questi componenti vengono tradizionalmente prodotti con
la fusione a cera persa, noi abbiamo optato per la stampa 3D, in questo modo usiamo
delle precise quantità di energia e materiale, in modo da ottimizzare l’uso delle macchine e
i tempi di produzione”. L’altro grande beneficio nell’utilizzo della stampa 3D è la possibilità
di inserire velocemente nuove idee di progetto, come ad esempio diversi elementi di
design, che nella fusione a cera persa richiederebbero un processo lungo e costoso per
dell’aggiornamento degli stampi. L’aggiornamento permette una riduzione dell’impatto
ambientale che va dal 16% al 40%. “La grande sfida digitale di questo processo è la raccolta
e la conservazione delle informazioni d’inventario in un database condiviso, in modo da
poter velocemente capire qual è l’impatto dei nostri prodotti a livello di economia circolare
e, più in generale, di ESG”, conclude Serra.

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Martina Vertemati

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