Organizzazione e competenze, l’evoluzione richiesta dall’AI
A cura di:
Nataliia Roskladka – Ricercatrice Osservatorio Artificial Intelligence
Carlo Negri – Ricercatore Senior Osservatorio Artificial Intelligence
La dinamicità del contesto attuale spinge sempre più aziende verso l’implementazione di progetti di automazione tramite soluzioni di Artificial Intelligence (AI). L’adozione di questa tecnologia porta con sé sfide non irrilevanti nella gestione delle risorse aziendali e nel modo in cui operano le imprese. Diversamente dalle più tradizionali Information Technologies, l’AI è una tecnologia pervasiva che non è solo confinata alla funzione IT ma permea l’intera organizzazione, dall’indirizzo strategico fino alle linee di business. Per questo motivo accanto a nuove competenze necessarie per la sua implementazione, sono spesso richieste anche nuove figure professionali e assetti organizzativi che consentano all’impresa di poterne cogliere il reale potenziale.
Questo cambiamento è ben rappresentato dal caso BPER Banca. Cristina Merlo, Collaboratrice di Ufficio Big Data & Analytics all’interno del Chief Data Officer (CDO) di BPER Banca, afferma che all’interno della loro organizzazione sono partiti con “lo scouting di use case coinvolgendo colleghi di varie aree, esperti di mercato e partner academici al fine di verificare l’interesse del business a sviluppare progetti legati all’Intelligenza Artificiale che potessero portare un concreto ritorno economico e funzionale. Una volta raccolte le esigenze, la sfida è stata quella di tradurle nel linguaggio di algoritmi e scegliere la soluzione migliore”. Per aumentare la produttività del team di sviluppatori e garantire un’elevata customizzazione a seconda delle specifiche richieste, BPER Banca ha deciso di adottare il modello organizzativo chiamato Hub and Spoke. “All’interno del hub centrale rappresentato dal CDO si concentra l’esperienza dei data scientist che lavorano a stretto contatto con i vari Spoke, dove ci sono gli esperti del dominio di business e i citizen data scientist, ovvero figure professionali che conoscono il mondo degli Analytics e sanno calarlo all’ interno della propria funzione supportati dalle competenze tecnologiche e cross funzionali dell’Hub”, aggiunge Cristina Merlo.
Accanto alla padronanza delle nuove tecniche di AI e la capacità di sviluppo e governance di tali modelli, è opportuno interrogarsi anche sulle capacità richieste per poter fruire dell’intelligenza artificiale. A questo proposito, Lorenzo Fornaciari, VP Strategy di iGenius sottolinea come “le competenze di fruizione, focalizzate su consumo di AI oggi devono essere sempre meno tecniche e sempre più indirizzate verso il dominio di business. Un fruizione semplice ed intuitiva che consenta a chiunque di estrarre il massimo beneficio dall’AI”. “La figura del Citizen Data Scientist – prosegue Lorenzo Fornaciari – è un emblema che conferma che l’AI può essere fruita da tutti e non solo dai data scientist tecnici”.
Il mix tra competenze tecniche e manageriali è un delicato equilibrio che spesso presume un riassetto organizzativo e lo sviluppo di nuove competenze con adeguati piani di formazione. A questo proposito, Banca Mediolanum ha creato la Data Value Management Academy che offre un catalogo di contenuti e risorse capace di stimolare l’interesse dei professionisti e di allenarli comprendendone ed assecondandone le specificità. Al catalogo di corsi è stato affiancato un altro strumento formativo che permette di allungare l’apprendimento anche al di fuori della dimensione del singolo corso: la community dei Data Value Manager. Andrea Baiguini, Innovation Manager di Banca Mediolanum sottolinea che “l’innovazione si basa sulla formazione, pertanto la Data Value Management Academy propone corsi focalizzati sia sugli aspetti tecnici (es. corso di Python) che manageriali (es. Process Management per Risk Management), indirizzati ad una platea di 200 dipendenti appartenenti a diverse unità organizzative”.
La stessa combinazione di profili eterogenei è teorizzata anche nella definizione di Comitato Etico. La stessa Commissione Europea suggerisce la creazione di un board etico in azienda, utile a gestire e contrastare le implicazioni legate all’adozione di intelligenza artificiale. La creazione di un comitato etico deve includere profili eterogenei tra loro: figure tecniche (un architetto IT, data scientist), esperti di business, ma anche una figura legale che garantisce il rispetto delle leggi sulla privacy e valuta il rischio etico degli algoritmi sviluppati. Ad oggi sono ancora poche le aziende che hanno un comitato etico ben strutturato al proprio interno, tuttavia, visto il forte legame tra AI ed etica, è lecito attendersi che questa scelta verrà percorsa da molte organizzazioni nei prossimi anni.
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