Lo Smart Working all’Università degli Studi Roma Tre

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L’ORGANIZZAZIONE

L’Università degli Studi Roma Tre, fondata nel 1992, è la più recente Università statale di Roma, con 16 sedi sul territorio della città. L’Ateneo oggi conta circa 35.000 studenti e 1.630 lavoratori tra personale tecnico-amministrativo e docenti. L’offerta formativa prevede 34 corsi di laurea triennale, 54 corsi di laurea magistrale, oltre a diversi master, corsi di perfezionamento, percorsi di dottorato e scuole di specializzazione.

LE ESIGENZE

Il primo progetto strutturato di telelavoro parte nel 2010, riservato ad alcuni collaboratori tecnico-amministrativi, per rispondere ad esigenze legate a problemi di salute o familiari. Nel tempo tuttavia è sorta la volontà di avviare un progetto completo Smart Working, per rispondere all’esigenza di innovare le modalità di lavoro sia da un punto di vista culturale che tecnologico, andando verso una maggiore flessibilità lavorativa e un orientamento al lavoro per obiettivi.

LA SOLUZIONE IMPLEMENTATA

Nel 2010 l’Ateneo aveva avviato tramite dei bandi il telelavoro per alcuni collaboratori tecnico-amministrativi fino a raggiungere con l’ultimo bando interno del 2019 il 20% del personale (su un totale di circa 700 dipendenti). Il progetto di Smart Working ha preso forma a dicembre del 2019 con l’approvazione dell’accordo con le organizzazioni sindacali. L’accordo, rivolto a tutta la platea del personale tecnico-amministrativo, prevedeva la possibilità di accedere allo Smart Working su base volontaria, svolgendo fino a 4 giornate mensili da remoto, regolamentate all’interno della singola unità lavorativa e definite in accordo con il proprio responsabile settimanalmente. Nel periodo della pandemia le persone fragili e positive al Covid-19 avevano diritto a un accesso illimitato alle giornate di lavoro da remoto. A seguito dell’esperienza pandemica, che ha mostrato l’efficacia del lavoro da remoto, a marzo 2022 le giornate sono state estese a 6 al mese. L’accordo non prevede limitazioni circa il luogo di lavoro. Per quanto riguarda gli orari di lavoro, è data la possibilità di lavorare da remoto anche per mezze giornate e di gestire flessibilmente l’orario di lavoro, in accordo con il proprio responsabile. Unico vincolo orario è costituito dagli orari di apertura al pubblico. Dopo aver definito il regolamento e le modalità di fruizione, a marzo 2020 si è proceduto a un’ampia revisione della parte infrastrutturale. Il progetto tecnologico, in collaborazione con Lenovo, era volto a digitalizzare i processi, abilitare modalità di lavoro ibride e fornire la tecnologia adeguata a un efficace lavoro da remoto per tutti i dipendenti. I punti cardine del progetto sono stati dotare i colleghi di device mobili e parallelamente avviare una formazione adeguata. In questa prospettiva la postazione di lavoro intesa sia come spazio fisico che come strumento tecnologico ha assunto un ruolo principe nella semplificazione dell’organizzazione del lavoro del dipendente. Nel corso degli ultimi anni è stato dato un forte impulso all’utilizzo di strumenti di condivisione (in particolare piattaforme cloud based legate ai prodotti di office automation, e l’utilizzo del VoIP) proprio per semplificare il lavoro del dipendente e l’interazione con i colleghi: con il progetto si intende fare un passo in avanti per rendere portatile la postazione di lavoro senza sacrificare la migliore fruibilità e la disponibilità dei dati e delle applicazioni utili. Nello specifico, ciascuna postazione di lavoro comprende un computer portatile, e un monitor 24” con funzionalità di docking station installato in ufficio. Il portatile è utilizzato sia durante il lavoro di ufficio direttamente connesso al monitor, senza ulteriori cavi se non il cavo di alimentazione del monitor stesso, sia durante le attività in telelavoro o Smart Working (alimentato o con la batteria) collegato in VPN alla rete di ateneo tramite la rete domestica o la SIM dati fornita dall’ateneo. Inoltre è possibile condividere il monitor con funzionalità di docking station tra più utenti, alternando il personale in presenza e quello da remoto, riducendo di fatto gli spazi necessari per gli uffici o comunque consentendo una facile delocalizzazione in altri ambienti idonei ad esempio a garantire il distanziamento in caso di un riacuirsi della situazione emergenziale. La formazione, inizialmente prevista in presenza, a causa della pandemia si è svolta in modalità online. Le tematiche formative hanno riguardato l’approccio organizzativo e culturale al lavoro agile, l’utilizzo delle tecnologie e la sicurezza informatica. A ciò si è unita una forte attività di change management, con l’organizzazione di 10 incontri rivolti ai responsabili per introdurre una nuova cultura smart basata sul lavoro per obiettivi. Per quanto riguarda le attività legate alla didattica, allo scoppio della pandemia le lezioni sono passate in modalità virtuale senza particolari ostacoli: le azioni precedenti legate alla tecnologia hanno consentito al personale di svolgere lezione online utilizzando i software di collaborazione già in dotazione. Tempestivamente, però, ci si è mossi nella direzione di dematerializzare la didattica, introducendo nelle aule una soluzione che permettesse ai docenti di gestire lezioni da remoto o ibride in autonomia. Entro settembre 2020 sono state allestite 220 aule per supportare una formazione ibrida. Tutte le aule sono state equipaggiate con un apparato che raccoglie i contenuti ripresi dalle webcam di aula, l’audio riprodotto in sala, i contenuti multimediali presentati dal docente e quanto eventualmente disegnato sulle tavolette grafiche professionali installate in ciascuna aula e lo mette a disposizione di studenti collegati in remoto, permettendo anche a questi ultimi di riprodurre in aula la loro attività svolta da remoto. La tecnologia introdotta permette di gestire le videoconferenze anche da remoto, dando la possibilità non solo agli studenti di seguire le lezioni da casa, ma anche ai docenti di svolgere la lezione all’esterno dell’Università. Tale strumento, rivelatosi prezioso in pandemia, offre quindi molte potenzialità anche per il futuro, sia per permettere ai docenti di essere più flessibili, sia per collegare le aule delle diverse sedi dell’Ateneo e di ospitare contributi di insegnamento dall’esterno. Oltre all’innovazione che ha riguardato la didattica, diversi altri processi sono stati digitalizzati, come il ricevimento dei docenti, e l’interazione con il personale degli uffici. Recentemente anche i processi autorizzatori, fino alla firma digitale dei documenti, sono stati organizzati con apposite piattaforme di gestione dei flussi. Da ultimo, nel mese di maggio 2022, dopo le elezioni di tutti i direttori dei dipartimenti e le elezioni studentesche locali, anche il Rettore è stato scelto con l’utilizzo di una piattaforma di voto elettronico, con tangibili risultati in termini di economicità, rapidità, chiarezza e un’affluenza vicina al 95%. Tutti questi elementi pongono le basi per estendere ulteriormente la possibilità di lavorare da remoto: l’intenzione futura dell’Università è infatti quella di concedere piena autonomia e flessibilità ai dipendenti nella scelta del numero di giornate di lavoro da remoto, responsabilizzandoli e adottando una logica di lavoro per obiettivi.

I BENEFICI

Il progetto di Smart Working ha previsto sin dall’inizio alcune azioni di monitoraggio, istituendo un osservatorio interno composto da una decina di responsabili di diverse funzioni. Sono stati somministrati diversi sondaggi a vari utenti (dipendenti, fornitori, studenti, docenti a contratto). I risultati mostrano che non ci sono stati peggioramenti in termini di performance e di qualità dei servizi e che la soddisfazione lavorativa è aumentata o rimasta costante. La possibilità di lavorare da remoto è stata apprezzata dalla maggioranza degli aventi diritto, che hanno dichiarato la loro volontà di aumentare il numero di giornate mensili da remoto. Lo Smart Working ha impattato anche dal punto di vista della cultura organizzativa, permettendo di superare lo scoglio culturale e alcuni pregiudizi riguardanti il lavoro da remoto che erano presenti e radicati prima della pandemia.

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