Tra ricette e App: un business che vale oltre un miliardo
Di Chiara Sgarbossa, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politenico di Milano
In Italia per la salute digitale si spende circa 22 euro per abitante. Il totale, diviso tra le spese delle strutture sanitarie, quelle delle Regioni, dei Medici di Medicina Generale (MMG) e del Ministero della Salute arriva a 1,34 miliardi, pari all’1,2% della spesa sanitaria pubblica, in sostanziale stabilità rispetto al 2014. Siamo certamente un passo indietro ad altri Paesi Europei, dove si spende il doppio o il triplo: 40 euro in Francia, 60 nel Regno Unito, 70 in Danimarca. Eppure la spinta al cambio di rotta è arrivata già dal 2014 con l’Agenda Digitale, che insiste su alcuni temi come il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), la dematerializzazione delle cartelle cliniche e la ricetta elettronica. In questo campo i numeri, ancora piccoli, sono in crescita: dalla ricerca svolta dall’Osservatorio in collaborazione con Doxa emerge come nel 2015 solo il 16% degli intervistati abbia sentito parlare del FSE, mentre quest’anno arriviamo al doppio, anche se solo il 23% sa di cosa si tratta e solo il 5% ne ha usufruito.
Va meglio con la prescrizione elettronica: secondo Federfarma il 72% delle ricette è dematerializzato, mentre sempre più i MMG comunicano con i pazienti attraverso strumenti digitali – il 53% dei casi tramite WhatsApp. I margini di miglioramento ci sono, anche quando parliamo di App dedicate alla salute: se ne fa un uso ancora limitato, solo un cittadino su dieci è un addicted, ma il 20% si dichiara interessato. Per esempio, vengono usate per il monitoraggio dei battiti, meno per quello del sonno, in quanto sono funzioni legate a un dispositivo specifico – di solito un wearable – che quindi costa molto più che un programma per lo smartphone.
Bisogna poi chiedersi fino a che punto i dati raccolti siano realmente utili, se esistono strumenti in grado di analizzarli, così come se ci sono medici disposti a riceverli e controllarli scrupolosamente. Considerate queste premesse, è chiaro perché in testa un’ipotetica classifica di App sulla salute non si trovino quelle mediche in senso stretto, ma quelle più legate al wellness.
E se i millennials guidano la carica dell’e-wellness, a trainare la svolta digitale sono i 35-54enni, la fascia d’età in cui in Italia aumenta l’uso di servizi connessi. Infatti, così come esiste una fetta di popolazione che non è mai andata in banca per fare un bonifico, anche i servizi prenotati online o tramite Cup devono diventare la regola, non l’eccezione.
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