HR Tech & Data: best practice ed esperienze a confronto
In un’epoca in cui la tecnologia è sempre più pervasiva, il mondo delle risorse umane si trova ad affrontare una sfida importante: ridefinire il proprio ruolo facendo tesoro delle opportunità offerte dal digitale. Oggi il digitale non può rappresentare solo un mero strumento che permetta la “gestione a distanza” di persone e processi, ma la chiave per creare un ecosistema connesso. Per la Direzione HR si tratta di ricoprire un nuovo ruolo di “Connected People Care” basato su 3 elementi fondamentali: la definizione di processi HR sempre più ingaggianti, coinvolgenti e calati sulle reali esigenze delle persone; la raccolta e l’elaborazione dei dati HR e delle persone; l’introduzione e l’orchestrazione di nuovi strumenti digitali.
L’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano ha dedicato il primo workshop dell’edizione 2022-2023 “HR Tech & Data: best practice ed esperienze a confronto” a queste tematiche, con un focus sull’utilizzo da parte della Direzione HR di strumenti digitali e dati delle persone, presentando alcune testimonianze e casi di successo.
Ad oggi le Ricerche internazionali definiscono il mercato dell’HR Tech in forte fermento e crescita, tanto che dovrebbe arrivare entro il 2025 a un valore di circa 90 miliardi di dollari1. Ponendo una lente d’ingrandimento sull’Europa, i paesi con la maggior penetrazione tecnologica in campo HR sono Germania, Francia e Regno Unito; l’Italia si colloca al quinto posto, con la previsione di arrivare ad avere nei prossimi anni un tasso di crescita annuo del 12.3%. La crescita del mercato italiano è sostenuta anche dai dati dell’Osservatorio, che registrano un aumento di investimento in soluzioni HR Tech da parte di più di un’organizzazione su due, anche dopo il 2021, anno in cui si è registrato il maggior incremento degli ultimi anni. Le aree in cui le organizzazioni stanno investendo maggiormente sono quella della formazione, in ottica di upskilling e reskilling della forza lavoro, dell’employer branding, della ricerca e selezione dei candidati, dell’onboarding e dell’engagement.
Ebbene, quali sono gli strumenti più diffusi in ambito HR? Tra gli strumenti attualmente più utilizzati dalle Direzioni HR del campione di Ricerca troviamo quelli a supporto del microlearning e della formazione continua (ad esempio le pillole formative), quelli di monitoraggio e valutazione delle performance dei collaboratori, i canali social non professionali per attivare la ricerca di candidati e migliorare il proprio employer branding e le piattaforme HCM, che consentono di digitalizzare tutti i principali processi HR, integrandoli tra loro e creando un unico flusso informativo e di dati. Ci sono poi strumenti ad oggi ancora poco diffusi, ma su cui una buona percentuale di aziende prevede un’introduzione nei prossimi 12 mesi, come ad esempio tecnologie che stimolano il feedback continuo o facilitano l’onboarding dei nuovi assunti. Infine, tra gli strumenti per cui risulta ancora limitata sia la diffusione attuale sia quella futura, troviamo quelli abilitati da tecnologie più di frontiera, come la blockchain o l’intelligenza artificiale.
Per sfruttare a pieno tutte le potenzialità delle tecnologie a supporto, la loro introduzione deve essere accompagnata da un uso efficace dei dati e delle informazioni che sono in grado di produrre. Ma quanto sono mature le Direzioni HR nell’utilizzare un approccio basato sui dati? Per rispondere a questa domanda l’Osservatorio ha analizzato tre variabili: la tipologia di analisi prodotte, l’utilizzo dei dati per guidare il processo decisionale e il sistema di governance dei dati e delle informazioni generati dai processi HR. La maggior parte del campione di Direzioni HR si limita ancora alle analisi statiche e descrittive, poche si spingono verso quelle automatiche (aggiornabili in real time) e solo una minima parte utilizza quelle di tipo predittivo e/o prescrittivo (che permettono di prevedere con anticipo l’insorgere di fenomeni, suggerendo insight per gestirli al meglio). Con riferimento al secondo aspetto, meno di un’azienda su due basa il proprio processo decisionale HR su dati ed informazioni oggettive e le poche lo fanno, limitano questo approccio ai processi più analitici “per loro natura”, come la pianificazione della forza lavoro o la valutazione delle performance. Infine, in merito alla struttura di governance, è emerso che solo nel 20% dei casi esiste un team o una figura interni alla Direzione HR che si occupi esclusivamente di analizzare e gestire i dati. Ne consegue quindi che solo una quota limitata del campione presenta un approccio maturo all’utilizzo dei dati HR, il 14% del campione.
Le barriere allo sviluppo di una cultura HR “data-driven” sono diverse: innanzitutto di stampo culturale, sia a livello di top management, che fatica a percepirne i vantaggi, sia di Direzione HR, poco propensa ad utilizzare i dati delle persone. A questo si aggiunge che spesso le competenze all’interno della Direzione HR risultano ancora poco adeguate a gestire i processi secondo approcci analitici. Infine, rileva anche un problema di scarsa qualità dei dati, dispersi su sistemi non integrati e difficili da aggiornare.
Durante il workshop alcuni referenti HR hanno portato la loro testimonianza sui progetti di successo implementati nelle loro organizzazioni su queste tematiche. Sono intervenuti anche alcuni esperti del settore HR Tech, condividendo nuovi approcci di gestione HR basati su dati e tecnologie.
Marco Bossi, Group HCM Business Unit Leader di Talentia Software, e Claudia Porretto, HR Talent, Development & Systems Manager di Mooney hanno portato la loro testimonianza sul progetto portato avanti in collaborazione. A seguito della fusione con Banca 5, Mooney si è trovata nel periodo dell’emergenza sanitaria a dover gestire nuovi collaboratori, lavorando totalmente da remoto. Grazie all’utilizzo della tecnologia, nello specifico alcuni moduli di una piattaforma Human Capital Management dedicati alla formazione, al recruiting e alla gestione delle performance dei collaboratori, la Direzione HR ha assicurato la continuità delle sue attività, rimanendo “connessa” con i suoi collaboratori. Tra i benefici più rilevanti della piattaforma, la possibilità di automatizzare le operazioni più ripetitive e a scarso valore aggiunto, liberando tempo da dedicare ad attività più strategiche. La digitalizzazione ha poi permesso di monitorare in tempo reale i diversi processi HR per capirne le evoluzioni e le specifiche per ciascun collaboratore (ad esempio confrontare le valutazioni delle prestazioni di anno in anno o i risultati dei corsi formativi) e di avere quindi uno storico di dati da utilizzare per la presa di decisioni. Infine, la funzionalità self-service del tool ha permesso alle persone di visionare in maniera autonoma i dati sui propri processi e i report riassuntivi, rendendole più consapevoli e responsabilizzate. Per accompagnare l’introduzione della piattaforma è stato necessario un profondo lavoro sul mindset degli attori coinvolti (sia della Direzione HR che dei collaboratori), grazie ad attività di formazione e affiancamento, al fine di sviluppare sensibilità al dato e al pensiero sistemico.
Daniela Fabi, Employee Experience Specialist di Microsoft, Giulio Pozzetti, HR Director e Noemi Zienna, HR Business Partner di Gruppo Editoriale GEDI hanno raccontato il progetto “Smart Working Analysis: insieme anche se distanti”. L’iniziativa, avviata a fine 2019 e portata avanti fino ai primi mesi del 2021, aveva l’obiettivo di attivare l’ascolto dei collaboratori del Gruppo, per comprendere desiderata ed esigenze in un periodo molto delicato di emergenza sanitaria e distanziamento sociale. Centrale è stato l’utilizzo di una piattaforma in grado di condurre una Social Network Analysis sulle reti sociali informali dei collaboratori di GEDI. Grazie all’analisi è stato possibile identificare le relazioni tra i diversi collaboratori, individuando gli “influencer” (coloro che avevano instaurato più relazioni), i “club”, ossia quei gruppi di collaboratori con relazioni più strette e frequenti e i “naufraghi”, i collaboratori al contrario più isolati dal punto di vista delle relazioni, su cui era necessario intervenire con urgenza. Oltre alla tecnica della Social Network Analysis, l’ascolto dei collaboratori è avvenuto mediante un questionario sullo Smart Working, per comprenderne il grado di soddisfazione. Il tutto è stato accompagnato da sessioni di co-design di nuove iniziative a supporto delle relazioni sociali e sessioni di formazione rivolte a tutta la popolazione aziendale. Il successo del progetto è stato tale che ad oggi l’utilizzo dei dati è diventato un approccio fondamentale per la Direzione HR e l’intenzione è quella di estenderne l’applicazione anche ad altri ambiti, come la gestione della diversità e dell’inclusione.
L’intervento di Linda Franzosi, Solution Consultant di Workday, Alexa Ceschia, Group Head of Talent Acquisition and Development e Alice Vigani, Talent Acquisition & Development Manager di Fedrigoni si è concentrato sul progetto di Fedrigoni finalizzato al monitoraggio dell’engagement dei propri collaboratori. L’engagement rappresenta per l’azienda un elemento strategico, indicatore cruciale per la misurazione del NPS (Net Promoter Score) del collaboratore e per l’MBO (Management By Objective) del leadership team. Tra il 2019 e il 2020 l’azienda ha adottato un tool in grado di misurarlo costantemente e su tutta la popolazione aziendale. Le funzionalità interattive della piattaforma e i dati navigabili in real time hanno permesso alla Direzione HR di capire in maniera più approfondita i desiderata delle persone così come le aree più critiche. La possibilità offerta dallo strumento di clusterizzare la popolazione aziendale – per area geografica, indicatori demografici e team di appartenenza – ha poi permesso di attivare un benchmarking e rendere la presa di decisione a livello di realtà locale o di area di business più oggettiva e basata su evidenze empiriche. Uno degli elementi vincenti del progetto è sicuramente stato il coinvolgimento di tutti i collaboratori, soprattutto di quelli di stabilimento che rappresentano la maggioranza della popolazione aziendale.
Andrea Langfelder, HCM Strategy Leader di Oracle e Andrea Mazzini, Team Leader Welfare e Lavoro di Credem hanno raccontato il progetto attivato in collaborazione dalle rispettive realtà. Credem è una realtà che compete in un settore in rapida evoluzione, in cui il digitale rappresenta ormai un paradigma irrinunciabile per essere più agili e veloci. Ad oggi l’organizzazione sta perseguendo un progetto di digitalizzazione a 360 gradi, accompagnato anche dall’applicazione di metodologie in ottica Agile (con l’identificazione di obiettivi incrementali, una mentalità orientata al “learn by doing”, team “liquidi” e il pieno coinvolgimento di tutti i collaboratori). La Direzione HR non esula dalla strategia di digitalizzazione. Grazie all’adozione di una soluzione Human Capital Management in cloud è stato possibile sviluppare portali self-service per i collaboratori e chatbot informativi sui flussi di lavoro, mettendo a disposizione delle persone tutte le informazioni necessarie. Una volta consolidati i sistemi applicativi, ci si è concentrati sull’integrazione dei dati dislocati in repository diverse. La correlazione dei dati ha rappresentato un passaggio fondamentale, che ha permesso di prendere decisioni basate su una visione sistemica, tenendo in considerazione diverse variabili, abbattendo i “silos” informativi e raggiungendo un vero e proprio vantaggio competitivo. Un aspetto cruciale del progetto ha riguardato lo step a monte dell’introduzione delle soluzioni digitali: capire quali utilizzi si intendeva effettuare dei diversi dati generati, passaggio fondamentale per sviluppare cultura e sensibilità del dato. Questo cambio di mentalità ha richiesto un salto di qualità da parte di tutti i referenti della Direzione HR e l’introduzione di nuove figure dedicate, come il data scientist.
Claudio Conti, Ricercatore dell’Osservatorio Realtà Aumentata e Metaverso del Politecnico di Milano, ha condiviso le opportunità che queste tecnologie possono avere nel mondo HR. Per l’Osservatorio Realtà Aumentata e Metaverso, il Metaverso rappresenta un ecosistema immersivo, persistente, interattivo e interoperabile, composto da mondi virtuali interconnessi in cui le persone possono socializzare e lavorare. Le parole chiave sono dunque: realtà aumentata (AR), mondi virtuali e interoperabilità. La AR permette di visualizzare oggetti e informazioni in formato digitale. Sue evoluzioni sono la “realtà mista”, che permette di interagire con gli strumenti digitali, e la “realtà immersiva”, che ricrea un ambiente interamente digitale e tridimensionale in cui l’utente può immergersi, isolandosi dal contesto reale. Ad oggi i dispositivi di AR non sono ancora facilmente accessibili a tutti, a causa del costo elevato, per cui i principali punti di accesso al Metaverso rimangono il PC e/o lo smartphone. Per quanto riguarda i mondi in cui le persone possono muoversi, ad oggi sono ancora privi di interconnessione, per cui il passaggio da un mondo ad un altro necessita di un nuovo login ogni volta. Infine, il terzo pilastro, ovvero l’interoperabilità, è raggiunto grazie al concetto di Web3, in cui tutti gli utenti che vogliono possono prendere parte all’economia digitale e alla governance delle piattaforme, e a soluzioni tecnologiche, come la Blockchain e NFT, che permettono all’utente di possedere una sua identità digitale confermata. alcune realtà organizzative stanno iniziando a sperimentare Realtà Aumentata e Metaverso nei loro processi di gestione delle risorse umane. Ad esempio Ferroli ha creato un mondo virtuale privato, accessibile solo da chi possiede un badge virtuale rappresentato da un NFT, in cui i colleghi, tramite il loro avatar, si possono incontrare e svolgere riunioni; MCEngeneering ha iniziato a svolgere i colloqui con i propri candidati all’interno di spazi virtuali della società, accessibili tramite un avatar e l’utilizzo di un visore; infine, Terna che ha implementato la AR per erogare corsi di formazione “immersivi” per i propri collaboratori.
Infine, Dario D’Odorico, Country Manager e Carlo Della Casa, Global Business Development Manager di CleverConnect hanno raccontato il progetto implementato da un’azienda internazionale attiva nel mondo del recruiting e nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Tra le necessità alla base del progetto, il desiderio di aumentare la presenza del brand dell’azienda sul mercato, migliorare la competitività e rispondere più prontamente alle aspettative dei candidati. Il progetto, iniziato a metà 2022, ha previsto come primo step l’identificazione di due nuove figure all’interno dell’azienda: un Candidate Experience Manager, con lo scopo di creare e gestire la trasformazione digitale dell’esperienza del candidato, e un Delivery Manager, incaricato di gestire l’esperienza delle aziende clienti. Successivamente, si è lavorato all’attivazione di un’alleanza strategica tra i team HR dell’azienda e la divisione marketing, per migliorare l’esperienza dei candidati, elevandola a quella dei propri clienti. A tal fine, sono stati identificati i principali punti di attenzione della candidate experience precedente e stabilito il piano di azione per riprogettare il nuovo journey dei candidati. La piattaforma digitale adottata dalla società di recruiting è dotata di un algoritmo di Intelligenza Artificiale in grado di identificare i possibili match tra i CV dei candidati e le posizioni aperte delle aziende clienti e di un sistema di alert per informare in maniera automatica sia la persona, sia l’azienda cliente. Dal sito dell’azienda è possibile ora navigare le offerte di lavoro in modo efficiente, applicando dei filtri, come ad esempio la posizione geografica. Un ulteriore servizio prevede, sia per l’azienda cliente sia per il candidato, di caricare un proprio video di presentazione, rendendolo utilizzabile eventualmente anche per successive posizioni aperte o candidature. Tra i principali benefici del progetto, dopo circa cinque mesi di utilizzo della piattaforma, il traffico sul sito dell’azienda è aumentato del 150%, più del 70% degli utenti ha registrato una propria presentazione, è quadruplicata la possibilità del candidato di ricollocarsi una volta che ha terminato un’esperienza lavorativa, il tasso di conversione da visitatore a candidato è raddoppiato e si è registrato sia un calo degli abbandoni durante il processo di selezione sia del tasso di turnover delle aziende clienti.
1Fonte: Studio di Growth Capital e Cosmico, 2022
A cura di
Chiara Tamma
HR Innovation PracticeRicercatrice Junior dell'Osservatorio HR Innovation Practice.
Martina Mauri
DirettriceDirettrice dell’Osservatorio HR Innovation Practice e ricercatrice dell’Osservatorio Smart Working. Svolge attività di ricerca in ambito risorse umane con focus sulle opportunità offerte dal digitale in questo campo.
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