L’OFFERTA DIGITAL PER IL RETAIL: MAPPATURA DEL MERCATO E PRINCIPALI TREND IN ATTO
A cura di:
Valentina Pontiggia – Direttrice dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail
Cosa hanno in comune il tessuto commerciale e il mercato di soluzioni digitali per il Retail in Italia? La frammentazione. Nel nostro Paese sono state rilevate attraverso un censimento oltre 700 imprese service provider di tecnologia in ambito Retail. La parcellizzazione del mercato IT è riscontrabile, in prima battuta, dal punto di vista dimensionale: oltre 8 imprese su 10 sono di medio-piccola dimensione, con un fatturato annuale che non supera i 50 milioni di euro e un numero di dipendenti inferiore a 250. Si tratta perlopiù di imprese non specializzate (88%), ovvero di service provider che presidiano anche settori diversi dal Retail (Banking, Sanità, Pubblica Amministrazione, …). La frammentazione è evidente anche con riferimento all’offerta di servizi: sono state mappate 62 soluzioni digitali e ogni impresa del campione ne offre in media meno di 5.
La maggior parte delle imprese offre servizi che coprono più di un segmento di mercato. In particolare è possibile suddividere i service provider in quattro categorie:
- software provider (79%): i software più diffusi riguardano la gestione delle operations, la raccolta e l’integrazione dei dati e l’implementazione delle operatività di negozio;
- consulting services (48%): la maggior parte del campione si occupa in maniera generica di consulenza IT. Seguono consulenze specializzate in ambito data analytics e digital innovation;
- system integrator (36%): i progetti di system integration hanno impatto perlopiù sui processi di back-end e sull’integrazione online-offline;
- hardware provider (28%): le soluzioni maggiormente offerte sono hardware a supporto delle attività di pre-vendita e di vendita in negozio. Seguono, nel back-end, soluzioni per l’automazione dei magazzini.
Quali sono i principali trend di evoluzione del mercato dell’offerta a livello internazionale?
Con lo scoppio dell’emergenza Covid e la centralità acquisita dal digitale nei processi dei retailer, si riscontra molto fermento innovativo fra i service provider, impegnati a rispondere alle rinnovate esigenze dei clienti del commercio. Sono stati lanciati, dunque, nuovi servizi come il social commerce da parte di Twitter e le sessioni di livestream shopping da parte di Meta e di Pinterest.
I service provider, inoltre, lavorano in maniera sempre più convinta alla realizzazione di un ecosistema di innovazione. La necessità di sviluppare soluzioni complesse e integrate e la volontà di ridurre il time to market spingono i service provider, anche se concorrenti, a trovare un terreno di collaborazione per presentarsi ai retailer con progettualità più strutturate. C’è chi sceglie la strada delle alleanze strategiche, mettendo a fattor comune competenze ed expertise. È il caso di Shopify, che ha esteso i propri servizi di pagamento online grazie alla collaborazione con Satispay, e di Deloitte e Alibaba, che si sono alleate per favorire l’export digitale delle PMI italiane. C’è chi, invece, potenzia la propria offerta tramite operazioni straordinarie di fusione e acquisizione. È il caso di Glovo, che ha acquisito Lola Market in Spagna e Mercadão in Portogallo per espandere il proprio servizio di quick commerce nella penisola iberica. Altro esempio è rappresentato da Instacart, che ha acquisito Caper AI, un player specializzato nella produzione di smart cart e soluzioni di self check-out, per estendere la propria offerta anche al canale fisico.
Come sta cambiando, invece, l’approccio dei retailer all’innovazione e, più in generale, il loro rapporto con il panorama dell’offerta?
La volontà dei retailer di accedere alla tecnologia in maniera più veloce e flessibile, nonché meno rischiosa, spinge verso la sperimentazione di meccanismi di collaborazione “aperti”, basati su una maggiore condivisione di obiettivi, risorse e competenze. Desigual, ad esempio, ha di recente lanciato in Spagna “Awesome Lab”, un programma di accelerazione per startup che mira a promuovere lo sviluppo di soluzioni tecnologiche per il Fashion Retail. E ancora Kroger negli USA sta lavorando in collaborazione con Nvidia alla realizzazione di un laboratorio dedicato alla sperimentazione di soluzioni tecnologiche volte a migliorare l’esperienza dei clienti in store e i processi logistici. Questi meccanismi entrano in gioco anche nel caso di innovazioni incrementali. Gap, ad esempio, ha acquisito la startup Drapr, specializzata in tecnologie 3D, per lanciare il servizio di prova virtuale dei prodotti e ridurre il tasso di reso online.
Molta attenzione anche al tema della formazione, leva centrale per potenziare le competenze digitali dell’organizzazione e spronare il potenziale innovativo dei dipendenti. Un esempio è quello di GANT che ha lanciato insieme a YOOBIC un hub digitale per l’aggiornamento continuo della propria forza vendita sul tema del supporto e della consulenza ai clienti in store. Matalan, invece, ha reso la propria piattaforma di gestione del personale un vero e proprio luogo di condivisione di comunicazioni ed esperienze, anche legate al digitale e all’omnicanalità, per favorire lo scambio di best practices fra i dipendenti.
Sono sempre più labili, infine, i confini fra retailer e service provider: alcuni attori della domanda ricorrono al know how innovativo, acquisito da altri competitor, per semplificare l’accesso al digitale e ridurre il rischio di innovare. Molti gli esempi in tal senso: Amazon offre la sua tecnologia Just Walk Out ad altri retailer (Sainsbury’s, Starbucks, WHSmith, …) per sperimentare in maniera più rapida nuovi formati di negozio completamente automatizzati. E ancora Walmart mette a disposizione di altri retailer (fra cui The Home Depot) la propria infrastruttura logistica per favorire l’accesso ad alcuni servizi a valore aggiunto, come la consegna in giornata degli ordini eCommerce.
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