PMI alla sfida della “Twin transition”: nel 2023 il 33% delle realtà italiane ha aumentato gli investimenti diretti per la trasformazione digitale e il 76% dichiara prioritaria la transizione green

Comunicato stampa Innovazione Digitale nelle PMI PMI Maggio 2024
  • Il 65% delle PMI del nostro Paese dichiara di investire già “intensamente” nel digitale, ma prevalgono ancora le tecnologie di base (come software gestionali o app di collaborazione); non più del 20% ha sviluppato progetti che prevedono l’impiego di big data, blockchain, intelligenza artificiale, realtà aumentata o virtuale
  • Più in ritardo la transizione ecologica: anche se il 76% delle PMI italiane ritengono la sostenibilità ambientale un obiettivo prioritario, meno di una PMI su tre (27%) ha individuato una figura di coordinamento
  • Presentati anche i primi risultati sulla connettività delle PMI italiane da una collaborazione AGCOM – Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano

 

Nel 2023, nonostante l’incertezza negli scenari economici globali, il 33% delle PMI italiane ha aumentato gli investimenti diretti per la trasformazione digitale – segno di una maggior consapevolezza sulla loro rilevanza – a fronte di un solo 4% che li ha ridotti. Inoltre, oltre tre quarti (76%) delle stesse PMI del nostro Paese indica la transizione green come un obiettivo prioritario per l’azienda, ma solamente una ridotta percentuale del campione ha individuato una figura di coordinamento – interna o esterna – su queste tematiche, evidenziando un forte scollamento tra le dichiarazioni di intenti e l’effettiva attuazione.

“Il 2024 può essere l’anno in cui anche in Italia si gettano le basi per un salto sul fronte dell’innovazione digitale e green. Da un lato, le previsioni di una riduzione dei tassi d’interesse potranno fornire maggiore respiro alle imprese e incoraggiare gli investimenti, portando, auspicabilmente, all’incremento della produttività. Dall’altro, la finanza pubblica sta contribuendo in maniera importante a questa ‘doppia transizione’ delle imprese. Inoltre, l’aumento della consapevolezza da parte delle aziende in merito ai benefici prodotti dal digitale potrà favorire l’adozione tecnologica, compresa quella più di frontiera, agganciata al nuovo paradigma dell’AI generativa” dichiara Claudio Rorato, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI.

Le PMI nazionali operano, tuttavia, in uno scenario eterogeneo a livello di connettività, anche nel caso di territori storicamente a vocazione industriale. Il settore manifatturiero, nonostante il suo ruolo trainante, presenta significativi deficit di copertura di rete fissa, mentre il settore finanziario risulta il più avanzato. È quanto emerge dalla ricerca che l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) e l’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI della School of Management del Politecnico di Milano stanno conducendo congiuntamente. Tale ricerca, che successivamente produrrà un report, nasce dal riconoscimento della connettività come fattore abilitante della trasformazione digitale e come elemento ancora critico ai fini della competitività del Sistema Paese.

Queste alcune delle evidenze presentate oggi dall’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI della School of Management del Politecnico di Milano* in occasione del convegno  Digital e Green: le PMI e il Paese verso la Twin Transition”.

 

La transizione digitale delle PMI italiane

Le piccole-medie imprese italiane stanno sempre più utilizzando la leva del digitale per gestire il cambiamento: il 65%, infatti, dichiara di investire intensamente nel digitale (o in modo mirato in alcune funzioni/aree aziendali, o trasversalmente in tutta l’azienda). Il restante 35%, invece, ha un approccio più timido: il 21% ritiene marginale il digitale nel settore in cui opera, l’8% non comprende i benefici che ne potrebbero derivare e il 6% crede che siano eccessivi i costi da sostenere.

Lo sguardo sulle tecnologie digitali di base rivela che sono molto diffuse le soluzioni di sicurezza informatica, i software di gestione amministrativa e contabile e gli applicativi di collaborazione. Se si osservano, invece, i dati relativi alle tecnologie più evolute (big data, blockchain, intelligenza artificiale, realtà mista, aumentata o virtuale) emerge che solo un ristretto numero di aziende ha sviluppato progettualità che ne prevedessero l’impiego.

L’ostacolo principale ravvisato da chi decide di investire nella digitalizzazione dell’impresa risiede nell’assenza di adeguate competenze digitali (34%). Mancano, in particolare, figure con competenze specifiche: nonostante la metà delle PMI stia portando avanti percorsi di formazione continua sul tema, è poco frequente (10%) l’inserimento di laureati STEM, dottori di ricerca o diplomati di alta formazione. Un ulteriore freno alla digitalizzazione riguarda l’eccesso di burocrazia e la poca chiarezza nei programmi di supporto alla digitalizzazione (28%). È, invece, una nota positiva il fatto che l’accesso al sistema dei centri di innovazione territoriale (DIH, Competence Center, Punti Impresa Digitale) sia ritenuto abbastanza agevole e che solamente il 7% delle PMI lo ritenga una criticità. Risultano, però, ancora poche le imprese che già si avvalgono di questi enti per sviluppare progettualità legate alla trasformazione digitale (8%).

 

Investimenti per la transizione digitale

Nell’ultimo anno le piccole-medie imprese italiane, nonostante l’incertezza negli scenari economici, hanno aumentato la propensione agli investimenti in tecnologie digitali[1], segno di una maggior consapevolezza sulla loro rilevanza. I dati raccolti mostrano, infatti, che il 33% delle PMI ha aumentato gli investimenti diretti per la trasformazione digitale, a fronte del 4% che li ha ridotti. Si tratta di dati incoraggianti per l’economia italiana: nel 2022, infatti, solo il 26% delle PMI aveva incrementato gli investimenti, rispetto all’8% che li aveva diminuiti.

Le PMI italiane negli ultimi anni hanno dimostrato una forte attenzione verso i programmi pubblici, anche a causa dell’emergere in rapida successione di crisi che ne hanno messo alla frusta l’operatività, la solvenza e la redditività. I dati raccolti nel 2024 mostrano che il 65% ha usufruito di strumenti agevolativi. Il supporto all’acquisto di beni strumentali è stata la principale area di investimento (per il 65% di chi ha usufruito di incentivi pubblici); più marginali le risorse ottenute per lo sviluppo di competenze per la transizione digitale (36%) e l’acquisto di beni immateriali (25%).

Permangono forti ostacoli, tuttavia, nell’accesso a strumenti agevolativi da parte delle PMI italiane, legati in particolare alla complessità delle procedure burocratiche per accedere ai finanziamenti e alle difficoltà a intercettare le informazioni relative alle misure a disposizione.

A fronte di tali criticità, il ricorso a investimenti privati costituisce una fonte importante per le PMI che devono finanziare la propria transizione digitale. L’utilizzo della cassa e delle disponibilità liquide rimane il principale canale (82%), specialmente per le medie imprese. Seguono il ricorso a linee di debito bancario (33%), particolarmente rilevante per le piccole imprese, e il ricorso a prestiti garantiti e/o intermediati da enti pubblici (20%), come nel caso della liquidità messa a disposizione attraverso il Fondo di Garanzia PMI. Infine, risulta ancora di nicchia l’utilizzo di mezzi di finanziamento in equity o di strumenti innovativi (come, ad esempio, minibond o crowdsourcing).

 

La transizione verde delle PMI italiane

Il 76% delle PMI italiane riconosce la transizione verde come un obiettivo prioritario. Il dato, seppur positivo, esprime motivazioni soprattutto animate dal miglioramento della reputazione aziendale, dall’incremento dell’efficienza operativa e dalla necessità di rispondere a obblighi normativi e/o contrattuali con i propri clienti, mentre sono meno rilevanti gli impulsi che testimoniano l’esistenza di un’autonoma elaborazione culturale sul tema. A supporto di ciò, solamente il 27% delle PMI italiane ha individuato una figura di coordinamento – interna o esterna – per i temi legati alla transizione green. Anche tra le imprese che dichiarano di ritenere la sostenibilità ambientale una priorità, il dato si ferma al 34%, mostrando uno scollamento tra le dichiarazioni di intenti e l’effettiva attuazione.

La transizione verde è strettamente legata a quella digitale, tanto che si parla di twin transition. La prima rappresenta un’opportunità per migliorare l’impatto ambientale delle tecnologie digitali e, al tempo stesso, queste ultime possono costituire un fattore abilitante per la transizione verde, per esempio fornendo alle imprese strumenti per monitorare i consumi energetici o tracciare le materie prime. A oggi, la piccola e media impresa italiana crede nel tema della twin transition: il 57% di queste imprese impiega già strumenti digitali che consentono di perseguire obiettivi di sostenibilità ambientale.

Secondo il 65% delle PMI italiane, la transizione verde dovrebbe essere supportata da più programmi di finanza pubblica (incentivi, bandi, e finanziamenti pubblici), in modo da rendere più veloce il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale.

“Affinché le PMI possano compiere con successo il passaggio al nuovo paradigma abilitato dalla twin transition è fondamentale, da una parte, continuare a investire nelle competenze degli addetti e del management, e, dall’altra, poter contare su un’infrastruttura di connettività adeguata alle proprie esigenze e su normative in grado di offrire opportunità di investimento in modo chiaro e compatibile con l’operatività dell’impresa” conclude Claudio Rorato, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI. “Risulta quindi cruciale l’apporto dell’ecosistema. Tutte le parti in causa, dai fornitori tecnologici agli intermediari finanziari, dalle associazioni di categoria alle startup fino alla Pubblica Amministrazione e ai professionisti devono aiutare le PMI a navigare la complessità, favorire l’innesco di processi di contaminazione, promuovere la diffusione di know-how specialistico e di una vera e propria cultura dell’innovazione”.

 

*L’edizione 2023-2024 dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI è stata realizzata con il sostegno di: Assolombarda, Banca Progetto, GMDE, Golden Group, Innovation4HR, Microsoft, Sella, Sistemi, TeamQuality, Vodafone Business, Deloitte Private, Microsys, Neosperience Lab, UNAPPA Servizi, Visa, Warrant Hub – Digital & Innovation.

 

Inoltre, all’Osservatorio hanno fornito la loro preziosa collaborazione:  Agenzia ICE, ANFIA Associazione Nazionale Filiera Industria Automotive, ANIE Automazione, Anitec-Assinform, A.P.I. Associazione Piccole e Medie Industrie, Assintel, Assomac, Assosoftware, CL.uster Agrifood Nazionale – CL.A.N.,  Confartigianato Lombardia, Confesercenti, Dintec–Consorzio per l’innovazione tecnologica, EIT-Manufacturing, Federalimentare, UNIC – Concerie Italiane, ARTES 4.0 Competence Center, CIM 4.0 Competence Center, Cyber 4.0 Competence Center, MADE Competence Center, Meditech Competence Center, SMACT Competence Center, START 4.0 Competence Center, Digital Innovation Hub Campania, Cicero DIH Lazio, EDI Confcommercio, Entopan Innovation, InnexHub – DIH Brescia, I&T Hub – Innovation & Technology Hub, Digital Innovation Hub Lombardia, Digital Innovation Hub Marche, Punti Impresa Digitale, Sardegna Ricerche, SMILE Digital Innovation Hub, Sportello Azienda Digitale, Digital Innovation Hub Umbria, Digital Innovation Hub Vicenza.

 

[1] Si considerano investimenti in tecnologie digitali le spese annuali per: dispositivi e sistemi; software e soluzioni ICT; servizi ICT; servizi di rete fissa e mobile; contenuti e pubblicità digitale; abilitatori digitali; tecnologie di frontiera

Siamo a tua disposizione per informazioni e assistenza

Barbara Balabio

Barbara Balabio

Ufficio stampa Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano
DG

Daniele Gatti - Mirandola Comunicazione

Mirandola Comunicazione
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