Il rapporto cliente-fornitore è, da sempre, tra i più interessanti da esplorare proprio per le dinamiche di reciproco scambio che si instaurano. Questi temi, tipici del mondo aziendale, sono sempre più al centro dell’attenzione anche nel mondo professionale, che cerca nuove vie di dialogo con la clientela, con la consapevolezza che i tradizionali modelli stanno dimostrando alcune fragilità a causa di un contesto instabile, di una domanda in evoluzione e di una crescente attenzione alla destinazione della spesa da parte del mercato.
Di questi temi abbiamo parlato con le Ricerche dell’Osservatorio Professionisti, che hanno approfondito il tema della generazione e misurazione del valore nella relazione tra studio professionale e azienda cliente, soffermandosi sui benefici creati in questo rapporto bidirezionale, dal professionista alla PMI – in termini di impatto generato sulle performance e sulla competitività aziendale – e viceversa – sotto forma di impatto ricevuto e di conoscenze acquisite dallo studio.
Il confronto sui tavoli di lavoro, tuttavia, ha rilevato uno scostamento tra la percezione del valore erogato al proprio cliente, secondo il professionista, e quello effettivamente percepito dall’imprenditore. Infatti, non sempre gli studi riescono a comprendere a fondo le esigenze, esplicite o latenti, dei clienti e a trasmettere il vero valore del lavoro svolto. Viceversa, non sempre le imprese instaurano un dialogo aperto e costruttivo con i professionisti, comunicando i propri bisogni e chiedendo un supporto nelle aree che richiedono competenze specialistiche.
Solo attraverso la comprensione e il dialogo, la relazione tra professionista e azienda cliente sarà davvero in grado di generare valore in entrambe le direzioni, e solo così questo valore verrà percepito da entrambe le parti. In questo percorso di avvicinamento, le competenze tecniche sono fondamentali, ma anche le soft skills giocano un ruolo importante.
Mauro Mazzolari e Andrea Poddighe, rispettivamente CEO e consulente di A.G.M. Spa, società informatica di Brescia, che da oltre 25 anni lavora a fianco delle PMI e degli studi professionali, promuovendo i loro processi di digitalizzazione.

AGM si relaziona sia con PMI sia con studi professionali e, quindi, dispone di un osservatorio privilegiato in grado di percepire le dinamiche nella relazione tra questi soggetti. Esistono delle difficoltà a individuare nuovi ambiti di valore o di servizio da parte degli studi? E le aziende riescono a esprimere nuove necessità?
“Spesso i professionisti si concentrano troppo sui servizi collegati agli adempimenti – spiega Mauro Mazzolari – trascurando il supporto su aree di immediata utilità per il cliente, come per esempio il controllo di gestione o la gestione finanziaria. A volte, però, anche le imprese faticano ad accogliere le proposte degli studi, privilegiando un approccio ‘fai da te’, vuoi per timore di alterare l’equilibrio raggiunto internamente, vuoi per difficoltà a comprendere gli impatti, cioè il valore, delle nuove proposte ricevute.
Ascolto, capacità propositiva ma anche evoluzione della cultura gestionale sembrano gli ingredienti di una relazione che può cambiare nel tempo. “La proattività del professionista e la sua capacità di ascoltare il cliente – afferma Andrea Poddighe – diventano indispensabili per aiutare il cliente ad arricchire la sua cultura gestionale e a fornire soluzioni diverse da quelle tradizionali. Gli studi che riescono a compiere quel passo in più e generare nuovo valore, emergono e vincono. Diventano, questi, gli elementi su cui agire per colmare il gap tra valore generato al cliente e valore da lui percepito e, inoltre, progettare un sistema di servizio in grado di essere realmente customer-oriented”.

Come colmare questo gap, in modo da sviluppare relazioni di soddisfazione per professionisti e aziende clienti?
“Il professionista – prosegue Mazzolari – non sempre viene coinvolto nelle attività distanti dagli adempimenti civilistico-fiscali, come, per esempio, la ricerca dei finanziamenti. Eppure, avendo a disposizione determinate informazioni e analizzando dati e cash flow, sarebbe in grado di indirizzare la ricerca verso le fonti di finanziamento più appropriate.
Per effettuare questo passaggio, è necessario condividere informazioni e dati, creando una base condivisa tra professionista e imprenditore. In questo modo, il primo potrà creare uno schema da utilizzare nelle attività di analisi insieme al secondo.
Inoltre, non sempre l’imprenditore riesce a comprendere il grande lavoro che si nasconde dietro ai servizi, anche basilari, offerti dal professionista. Credo che, se il professionista riuscisse ad addentrarsi più a fondo nei meccanismi di gestione quotidiana delle imprese, potrebbe far percepire meglio la sua presenza. Spesso, invece, i professionisti sono chiamati a lavorare sulle singole operazioni da svolgere in un momento preciso, mentre, per colmare il gap è necessario instaurare un rapporto continuativo, che porti le due parti a parlare una lingua sempre più simile e a mettere in comune dati e informazioni.
Un professionista che utilizza dei valori senza indagare le dinamiche dell’organizzazione, svolgerà correttamente il proprio ruolo, ma non aiuterà l’imprenditore a ragionare sui processi che hanno generato quei numeri. Di conseguenza, l’imprenditore rimarrà distante dalle attività di analisi, limitandosi a inviare i dati al professionista, che a sua volta li utilizzerà senza entrare nel merito.
È importante avere una base dati comune e garantire una presenza nei meccanismi di business, affinché l’imprenditore percepisca il professionista come un supporto costante, capace di comprendere le dinamiche del mercato, che condizionano il reale andamento aziendale.

Ora parliamo di competenze e di nuovi servizi. Dove possono indirizzarsi i professionisti?
“Le competenze in ambito finanziario sono importanti: le aziende falliscono anche per troppo lavoro, perché non riescono a gestire le risorse finanziarie al momento giusto. Inoltre, è necessario essere più attenti nelle scelte strategiche. Ad esempio, se un’azienda intende espandersi in un altro mercato, deve avere a disposizione un consulente che conosca leggi e normative di altri stati. Vista la tendenza a espandersi all’estero grazie anche ai canali di vendita online, a seguito anche della pandemia, è necessario acquisire queste conoscenze. Acquisire nuove abilità non è però semplice e richiede tempo. Da qui nasce la capacità di elaborare una visione più ampia, che coinvolga altri soggetti con cui formare network di competenze, anche a distanza, ora che la pandemia ha sviluppato nuove forme di dialogo. A sua volta, l’imprenditore deve saper richiedere questi servizi al professionista e non sempre accade. Anche quest’ultima debolezza diventa, allora, un’area da sviluppare: la formazione, quella destinata ad accrescere la capacità dell’impresa di elaborare una nuova visione e una cultura gestionale più ricca. I professionisti – almeno quelli che hanno il coraggio di rimettere in discussione alcuni loro paradigmi consolidati – possono trovare nuova linfa anche in questi ambiti e contribuire a generare valore per l’azienda.

Dalle ricerche dell’Osservatorio Professionisti è emerso che le soft skills sono sempre più importanti per il dialogo tra professionista e impresa: è vero?
Direi di sì – ammette Poddighe – soprattutto perché con la pandemia è emersa con prepotenza l’importanza delle abilità relazionali, unitamente ai concetti di resilienza e flessibilità.  È importante sviluppare un pensiero critico e autocritico, collaborare e ‘fare squadra’, sviluppare le capacità creative e di problem solving. In AGM, per esempio, abbiamo organizzato dei corsi per rendere le nostre persone più consapevoli su questo e allenarle a mettere in pratica nuovi comportamenti”.
“Un altro aspetto molto importante – conclude Mazzolari – riguarda la gestione del personale, degli studi o delle aziende, senza distinzione. Anche se siamo nell’era digitale, nessuno può negare ancora la centralità degli individui nei processi di cambiamento. La capacità di rendere attrattiva l’azienda o lo studio, anche in una relazione di business, sono fondamentali per migliorare le capacità di resistenza e di adattamento. Investire sulle soft skill, al di là delle competenze tecniche – prerequisito per esercitare le attività lavorative – aiuta le organizzazioni a migliorare la capacità di dialogare con i clienti, i fornitori, gli stakeholder in genere. Dalla comprensione e dalla collaborazione nascono modelli vincenti e duraturi.

Con il contributo di Mauro Mazzolari, CEO, A.G.M. Spa, e di Andrea Poddighe, Consulente, A.G.M. Spa

A cura di

Claudio Rorato

Claudio Rorato

Direttore

Responsabile Scientifico e Direttore dell'Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale, Direttore dell'Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI

Francesca Parisi

Francesca Parisi

Professionisti e Innovazione Digitale, Innovazione Digitale nelle PMI

Ricercatrice dell'Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale e dell'Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI

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