Nella diatriba Ue-Google, un occhio di riguardo va a sviluppatori e utenti
di Marta Valsecchi, Direttore Osservatorio Mobile B2c Strategy
Il lungo scontro fra Google e Commissione Europea si arricchisce di un nuovo capitolo. È di queste ore la controffensiva di Big G, che in un post ufficiale ha risposto allo Statement of Objection della Commissione Europea su Android. Secondo Google «Android non distorce la concorrenza» e «nessun produttore è obbligato a pre installare alcuna app di Google su un telefono con il nostro sistema operativo». Una linea difensiva decisa, che non arretra di un passo.
Siamo davanti a una diatriba che va avanti da mesi e che mette sotto la lente di ingrandimento alcuni fenomeni che stanno caratterizzando il mercato Mobile. Pur senza entrare nel merito puntuale degli accordi tra Google e i produttori di smartphone, alcune evidenze mi paiono molto forti.
Il ruolo di Google nel mercato Mobile è sicuramente dominante: il proprio sistema operativo è installato nella stragrande maggioranza degli Smartphone in circolazione; le sue applicazioni sono tra le più usate (come ben evidenzia la chart di comScore qui riportata); la gran parte della raccolta pubblicitaria è nelle sue mani. L’attenzione della Commissione Europea è quindi comprensibile e, direi, doverosa. Il richiamo alla posizione di Microsoft nello scorso decennio non nasce casuale.
Al contempo, però, la diffusione di Android ha consentito la pervasività degli smartphone, anche a prezzi bassi, accessibili a chiunque. Inoltre, Play Store e in generale i marketplace delle Mobile App, sono diventati un importante canale distributivo che dà l’opportunità ad aziende e singoli sviluppatori di distribuire applicazioni in tutto il mondo. Anche se – va detto – la battaglia per essere visibili è molto feroce e onerosa.
In secondo luogo, una delle grosse difficoltà per gli sviluppatori di Mobile App è proprio la frammentazione dei sistemi operativi (insieme a quella della dimensione degli schermi e delle caratteristiche hardware dei terminali), perché – diversamente da quanto accade nello sviluppo di siti web – i costi per la progettazione di applicazioni utilizzabili da tutti gli utenti (qualunque terminale abbiano in mano) si amplificano enormemente. Già allo stato attuale, la significativa presenza nel mondo Android di almeno quattro versioni diverse del sistema operativo (dovuta alla grandissima eterogeneità di modelli di dispositivi) rende molto oneroso lo sviluppo di soluzioni compatibili per gli sviluppatori. Nel mondo Apple di fatto ci si limita a due versioni principali del sistema operativo e a tre principali modelli di smartphone. Non credo, quindi, che la creazione di forti personalizzazioni del sistema operativo da parte dei produttori di terminali, auspicato dalla Commissione Europea, agevolerebbe il mercato, né per gli sviluppatori né per gli utenti finali. Questi ultimi, infatti, si potrebbero trovare nella condizione di non poter aggiornare il proprio telefono all’ultima versione rilasciata da Google qualora il produttore di terminale non la supportasse.
Un’ultima riflessione riguarda il comportamento degli utenti. Oggi Google Search è il motore di ricerca di gran lunga più utilizzato nel mondo desktop. Non stupisce, allora, che al di là della pre-installazione, sia il più usato anche in ambiente Mobile. L’utente è multipiattaforma e mira ad utilizzare i medesimi servizi da tutti i propri dispositivi. Proprio per questo, ancora una volta, è ben comprensibile l’attenzione della Commissione Europea a qualunque iniziativa che avvantaggi ulteriormente tale situazione di mercato. E’ vero, come sostiene Google, che gli utenti potrebbero con facilità andarsi a scaricare un altro motore di ricerca. Ma quanti realmente lo fanno? Infine, vale la pena ricordare l’incidenza dei motori verticali (da Amazon a Booking), sempre più veri competitor di Google. Questa è un’altra storia, sì. Ma a Mountain View non vedono l’ora di tirarla fuori.
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