Musei italiani: nascono i nuovi modelli di “esperienza estesa”
L’80% dei musei italiani ha offerto almeno un contenuto online durante i mesi di chiusura, come laboratori o tour guidati virtuali. Nascono nuovi modelli di “esperienza estesa” abilitati dal digitale, ma in 3 musei su 4 (il 76%) manca ancora un piano strategico di innovazione.
L’innovazione nei Beni Culturali nel 2020: i dati chiave
- Il 2020 ha visto una forte riduzione delle entrate da biglietteria (in media del 56%) e degli introiti da altri servizi commerciali, con una conseguente maggiore dipendenza da finanziamenti pubblici e privati.
- I cambiamenti degli ultimi mesi hanno però aperto la strada a modelli di business innovativi: la sfida è passare da sperimentazioni estemporanee a soluzioni strutturali.
- Oggi, il 95% dei musei ha un sito web (una crescita importante, superiore al 10%, rispetto al 2020) e l’83% un account ufficiale sui social (una crescita, rispetto al 76% del 2020, guidata dal forte aumento della presenza su Instagram).
Esperienza estesa e musei digitali: la Ricerca degli Osservatori Digital Innovation
Milano, 25 maggio 2021 – La pandemia ha impattato fortemente sull’ecosistema culturale ponendolo di fronte a nuove sfide, ma anche a nuove opportunità in risposta alle mutate esigenze degli utenti. Nell’ultimo anno l’offerta delle istituzioni culturali si è orientata sempre più verso il digitale: oggi in quasi metà dei musei, monumenti e aree archeologiche italiane vengono proposti laboratori e attività didattiche online (48%), così come tour e visite guidate (45%). È cresciuto inoltre il numero di musei che hanno pubblicato la collezione digitalizzata sul proprio sito web (dal 40% del 2020 al 69% del 2021) e il 13% si è cimentato anche sull’offerta di podcast.
Nonostante ciò, le istituzioni che si basano su un vero e proprio piano strategico che comprenda anche l’innovazione digitale rappresentano ancora una minoranza (il 24%, esattamente come un anno fa).
Queste alcune delle evidenze emerse dalle indagini dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali della School of Management del Politecnico di Milano in occasione del convegno “Extended Experience: la sfida per l’ecosistema culturale”.
Le nuove forme di presenza online dei musei
“I canali digitali sono passati da essere prevalentemente un mezzo di promozione e informazione a vero e proprio strumento di diffusione della conoscenza. Oggi, il 95% dei musei ha un sito web (una crescita importante, superiore al 10%, rispetto al 2020) e l’83% un account ufficiale sui social (una crescita, rispetto al 76% del 2020, guidata dal forte aumento della presenza su Instagram)” dichiara Michela Arnaboldi, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali “Grazie al digitale si è aperta l’opportunità di ripensare il rapporto con l’utente come un’esperienza estesa, nel tempo e nello spazio, in quanto non confinata al luogo e al momento dell’esperienza in loco, ma potenzialmente continua e accessibile da qualsiasi luogo e in qualunque momento”.
A cambiare è stato anche il tipo di esperienza offerta: l’80% dei musei ha offerto almeno un contenuto digitale. È molto elevata la quota di istituzioni che propongono laboratori e attività didattiche online (il 48%), evidenziando la rilevanza del rapporto tra i luoghi della cultura e le scuole. Secondi per diffusione sono tour e visite guidate online (proposti dal 45% delle istituzioni), mentre il 13% si è cimentato anche sull’offerta di podcast.
È aumentato anche considerevolmente il numero di musei che hanno pubblicato la collezione digitalizzata sul proprio sito web (dal 40% del 2020 al 70% del 2021); un dato non inaspettato, considerando che gli stessi contenuti vengono poi utilizzati per laboratori e attività didattiche, tour e visite guidate, corsi di alta formazione.
La digitalizzazione dei servizi per l’accoglienza e la sicurezza
Cresce la percentuale di musei, monumenti e aree archeologiche che offrono la possibilità di acquistare il biglietto online, passando dal 23% al 39% dei musei che hanno un sistema di biglietteria (pari al 65% del totale).
La sicurezza, nei suoi vari ambiti, è un altro aspetto al centro dell’attenzione in questo particolare periodo. In particolare, dall’indagine è emerso che negli ultimi 3 anni il 55% dei musei ha investito in sistemi per la salvaguardia della salute e il distanziamento fisico, e il 42% in impianti di videosorveglianza per il monitoraggio delle aree, che si stanno rivelando estremamente utili per garantire la visita degli spazi espositivi nel rispetto delle norme per la salute delle persone.
“La possibilità di arricchire l’esperienza onsite grazie al digitale è uno degli ambiti di applicazione delle tecnologie di maggiore interesse per le istituzioni culturali, tanto che il 70% di queste adotta almeno uno strumento” Dichiara Deborah Agostino, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali “Tra i più diffusi vi sono QR Code e Beacon (il 33% delle istituzioni ne fa uso), le più tradizionali audioguide (32%, stabili rispetto al 2020) e gli schermi touch screen (32%). Infine, un’istituzione culturale su quattro mette a disposizione dei propri utenti un’applicazione. In questo ambito i dati sono sostanzialmente stabili rispetto all’anno precedente in quanto i musei hanno preferito concentrare gli investimenti su altri aspetti ritenuti prioritari per raggiungere i pubblici anche a distanza e per accoglierli in sicurezza una volta tornati in presenza”.
La valorizzazione economica dell’esperienza estesa
Il 2020 ha visto una forte riduzione delle entrate da biglietteria (in media del 56%). Anche gli introiti da altri servizi commerciali sono diminuiti con una conseguente maggiore dipendenza da finanziamenti pubblici e privati, passati da costituire il 53% delle entrate nel 2019 al 59% nel 2020.
I cambiamenti degli ultimi mesi hanno però aperto anche a ragionamenti sui nuovi modelli di business da adottare per far sì che il processo di innovazione sia sostenibile e assuma una connotazione strutturale e non solo estemporanea.
Quanto ai contenuti digitali, i modelli di offerta sono stati diversi. La maggior parte delle istituzioni culturali ha scelto di fornirli, almeno in una prima fase, in modo gratuito. Questa scelta può diventare una linea strategica quando si vuole usare il prodotto digitale per aumentare l’engagement, usare l’online come stimolo per la visita fisica o per ottenere informazioni sul pubblico da poter utilizzare per attività di marketing.
Il 22% dei musei, invece, ha sperimentato modelli a pagamento e in particolare la vendita del singolo contenuto digitale (13%, soprattutto per attività didattiche e tour virtuali) e/o di un pacchetto di servizi (9%, per corsi e podcast).
Meno frequenti sono stati modelli che prevedono il ricorso a pubblicità o sponsorizzazioni, abbonamenti o membership, donazioni e contenuti “freemium”.
Quanto alla reazione del pubblico circa la proposta di contenuti digitali, i musei sono rimasti soddisfatti sia per i contenuti offerti gratuitamente (per cui l’86% di questi si ritiene soddisfatto della risposta del pubblico) sia per quelli offerti a pagamento (il 62% è soddisfatto della risposta).
Le priorità di investimento e le possibili traiettorie di sviluppo
“Oggi sembrerebbe raggiunta la diffusa consapevolezza che fisico e digitale non si escludano a vicenda, ma che piuttosto siano l’uno il complemento dell’altro. Se però nel primo periodo di emergenza era accettabile un certo livello di approssimazione nella produzione di contenuti digitali, occorre ora investire su prodotti realizzati ad hoc e sulle competenze necessarie per la loro realizzazione, gestione e promozione. Questo al fine di evitare una mera traslazione in digitale di servizi precedentemente offerti in presenza e offrire, invece, una selezione specifica per la fruizione online da integrare con l’esperienza fisica diretta, in modo da garantire una fruibilità impensabile fino a solo pochi mesi fa” Dichiara Eleonora Lorenzini, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali “Tutto ciò presuppone l’adozione di una logica strategica o almeno sul medio periodo. Purtroppo, sono ancora una minoranza, il 24% (esattamente come un anno fa), le istituzioni che si sono dotate di un piano strategico che comprenda anche l’innovazione digitale. Tuttavia, si sta dimostrando sempre più necessaria una pianificazione d’insieme degli interventi per affrontare un futuro incerto, ma ricco di prospettive per chi saprà adeguatamente strutturarsi per coglierle”.
* L’edizione 2020/2021 dell’Osservatorio è realizzata con il supporto di artem, dotdotdot, Fondazione Cariplo, Fondazione Compagnia di San Paolo, Microsoft Italia, Milestone Systems, SecuTix; ETT, Gruppo SCAI; Fondazione Enzo Hruby; HESA, Trient Consulting Group.
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Barbara Balabio
Ufficio stampa Osservatori Digital Innovation del Politecnico di MilanoScopri altri contenuti di Innovazione Digitale per la Cultura