New Space Economy: una fotografia dell’upstream italiano

Da quasi un decennio, il settore dello Spazio sta attraversando una profonda rivoluzione, passando da una struttura prevalentemente orientata alle istituzioni governative e technology-push, ad una struttura sempre più orientata alla clientela industriale privata (B2B) secondo logiche market-pull. Questa tendenza globale la si ritrova anche nei confini nazionali: l’Italia è infatti uno dei Paesi a maggior tradizione nel settore, con attori industriali collocati lungo tutta la filiera, dall’ upstream al downstream. E sono proprio le aziende del segmento upstream – ovvero, quelle imprese il cui core business è legato alla progettazione e realizzazione dell’infrastruttura spaziale, quali satelliti, antenne e veicoli di lancio – a subire maggiormente la necessità di doversi riconfigurare in tale scenario sempre più spinto dalla domanda di nuovi servizi basati su dato satellitare.

In particolare, l’upstream italiano risulta caratterizzato da oltre duecento imprese di piccole e grandi dimensioni, le quali possono essere distinte in base al loro livello di servitization (quanto l’offerta si articoli come un prodotto fisico di produzione o quanto un servizio intangibile). La maggior parte di queste realtà risulta di matrice manifatturiera, categorizzata in particolar modo come lavorazioni meccaniche di precisione, e spesso organizzate secondo specifici distretti di produzione, quali quelli presenti in Lazio, Piemonte e Veneto, nonché in Lombardia ed Emilia-Romagna. Da un’analisi dall’Osservatorio Space Economy dedicata al segmento Upstream, emerge tuttavia che le imprese più recenti hanno una maggiore vocazione al servizio. Un dato in linea con la tendenza globale della New Space Economy che vede nella creazione di servizi a valore aggiunto (non solo per l’utente finale, ma per lo stesso settore spaziale sempre più contaminato da best practices di altri settori) il vero motore di propulsione dell’intero fenomeno.

Un ulteriore elemento analizzato è la varietà di settori che queste imprese servono. Da tradizione, infatti, la imprese manifatturiere di componenti ad alto contenuto tecnologico tendono a rivolgersi a più settori, per diversificare il rischio di uno sbilanciamento di potere contrattuale con i clienti. All’interno del campione d’analisi, questo sembra essere vero anche per le imprese che offrono servizi, in particolar modo consulenza altamente qualificata nei processi di produzione. Si è infatti notato come per livelli di servitization agli estremi – dunque di puro prodotto o puro servizio – il livello di esclusività dello Spazio come cliente di riferimento sia piuttosto basso, mentre per i livelli intermedi questo cresca fino a quasi la totalità dell’offerta. Ciò sottolinea come nelle offerte bundle (ovvero costituite da un insieme di prodotti e servizi) si creino sinergie volte a generare valore aggiunto tramite l’esperienza e la specializzazione nel verticale Spazio, sebbene permanga l’esposizione alle condizioni esterne dovute al rivolgersi ad un unico settore.

Guardando infine alle sole startup – realtà imprenditoriali fondate negli ultimi 10 anni – queste risultano ancora in fase seed o early-stage, che nello Spazio coincide con la ricerca e sviluppo volti alla realizzazione dei primi prototipi da testare. A questo proposito è opportuno sottolineare che queste realtà sono spesso incubate presso i centri dell’Agenzia Spaziale Europea su territorio nazionale, segnale importante per dimostrare come l’istituzione da sempre garante della tradizionale industria spaziale devolva attenzione e risorse nella coltivazione delle nuove imprese innovative.